Rainer Maria Rilke, l’anti- Brecht .

Rilke

 

 

Rainer Maria Rilke, l’anti- Brecht .

Pochi, o forse nessuno dei maggiori poeti europei del primo Novecento ha avuto un’influenza così vasta come Rainer Maria Rilke . Con la sua opera, lui che era il meno radicato in una cultura nazionale, il più nomade e apolide e “ senza dimora “ , riuscì presto a creare un clima spirituale d’epoca e, intorno a sé, una specie di aureola sacrale e magnetica.

Una delle sue prime raccolte, “ Il canto d’amore e di morte dell’alfiere Cristoforo Rilke “ , una serie di impressionistici frammenti e quadretti in prosa , segnò una intera generazione. Come spiega Ladislao Mittner , questo libro considerato mediocre e non riuscito dallo stesso Rilke , composto nel 1899 e pubblicato nel 1906, “ ebbe un successo travolgente e con ogni probabilità senza precedenti nella storia della letteratura mondiale : cinquemila copie ne furono vendute nelle prime tre settimane, qusi duecentomila entro il 1922. Il neoromanticismo alquanto convenzionale di questo poemetto , che sembra anche celebrare la gloria militare e la morte in guerra, mentre in realtà canta soltanto un languido desiderio giovanile di dissolversi e morire dopo il momento incomparabile della prima felicità amorosa, corrispondeva ad un certo gusto estetico vago ma intenso ”  dell’epoca: e “ moltissimi furono nella Germania del 1914 i giovani che partirono per il fronte con il funesto viatico ”  di questo libro nello zaino e vissero la guerra in un’mbigua esaltazione eroico-sentimentale morbosamente decadentistica “.

L’influenza di Rilke si estese in Europa fino agli anni Trenta ed era in precedenza arrivata in Russia , coinvolgedo anche personalmente Boris Pasternak e Marina Ivanovna Cvetaeva in un intenso e platonico triangolo poetico-erotico. Solo dopo la Seconda guerra mondiale l’astro di Rilke si offuscò rapidamente. Prima adorazione, poi ripudio e infine indifferenza : “ In definitiva Rilke fu battuto non da Gottfried Benn ”  scrive Ladislao Mittner  “ ma piuttosto da Bertolt Brecht “ .

Oggi, che l’influenza di Bertolt Brecht è a sua volta declinata, Rainer Maria Rilke ha ritrovato qualche sacerdote soprattutto tra filosofi, magari ex marxisti che, non distinguendo abbastanza fra Walter Benjamin e Martin Heidegger, aspirano a sacralizzre il discorso filosofico ,sospingendolo verso origini presocratiche o cabalistiche o variamente teologiche.

Rainer Maria Rilke è un autore perfetto per chiunque aspiri a procursi genealogie e blasoni spiritualmente nobiliari. Lui stesso, il grande poeta della decadenza europea e del crollo della sua tradizione, “ il primo uomo senza casa , amante di solitari castelli, come quello di Duino presso Trieste, che gli ispirò la sua oper maggiore, le “  Elegie duinesi “, ha sempre nutrito una intensa vocazione mistica e nobiliare. Contagiato dalla mania aristocratica dei genitori, che volevano apparire a tutti i costi nobili senza esserlo, Rilke fin da giovane si presentò come il fatale “ ultimo rampollo di un’antica famiglia ” , mescolando suggestivamente gerarchie celesti e gerarchie sociali, decadenza angelica e decadenza nobiliare.

Il misticismo rilkiano aveva avuto però un momento di illuminazione populistica durante il viaggio compiuto in Russia nel 1899 con la scrittrice e psicoanalista tedesca di origine russa Lou von Salomé, anche nota come Lou Andreas-Salomé ( amata da Friedrich Wilhelm Nietzsche e Sigmund Freud ) :  “ solo chi come i poveri , i vagabondi e mendicanti russi, non ha niente e insieme non aspira alla ricchezza, comunica veramente con la vita naturale e divina che ancora scorre sotto la gelida scorza della civiltà moderna “ . Molte cose si mescolano nella cultura rilkiana : umanesimo evangelico e psicologie del profondo, misticismo teosofico e spiritismo : da Tolstòj e Tagore fino a Rudolf Steiner e Annie Wood Besant.

 

Signore: è tempo. Grande era l’arsura.
Deponi l’ombra sulle meridiane,
libera il vento sopra la pianura.
Fa’ che sia colmo ancora il frutto estremo;
concedi ancora un giorno di tepore,
che il frutto giunga a maturare, e spremi
nel grave vino l’ultimo sapore.
Chi non ha casa adesso, non l’avrà.
Chi è solo a lungo solo dovrà stare,
leggere nelle veglie, e lunghi fogli
scrivere, e incerto sulle vie tornare
dove nell’aria fluttuano le foglie.

 

In questa celebre poesia giovanile, “ Foglie d’autunno “ , considerata uno dei suoi proverbiali capolavori, c’è tutto il perentorio e fatale tono rilkiano di abbandono e solitaria sconfitta ma anche di attesa di una sempre possibile pienezza vitale invocata come un avvento religioso capace di riscattare uomo e natura dal loro avvilimento.

 

Bibliografia

Ladislao Mittner, “ Storia della letteratura tedesca” , Volume III, Tomo 2, Ed. Einudi, Torino, 2002
Marina Ivanovna Cvetaeva , Boris Pasternak e Rainer Maria Rilke, “ Il settimo sogno : lettere 1926 “ ; a cura di Konstantin Azadovskij, Elena e Evgenij Pasternak ; edizione italiana a cura di Serena Vitale, Editori Riuniti , Roma, 1994.
Rainer Maria Rilke, “ Foglie d’autunno “ , da il “ Libro delle immagini “, in : Rainer Maria Rilke , “ Poesie “  ( Contributi di : Hermann Hesse , Georg Trakl e Franco Fortini ; Traduzione di : Giaime Pintor ), Ed. Einaudi, Torino, 1966 .

 

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Photo : Rainer Maria Rilke

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