Archivi del mese: novembre 2015

Miguel Hernández : quale vita .

“Miguel Hernández

 

Miguel Hernández : quale vita .

Figlio di un pastore e mercante di bestiame che sempre osteggiò la sua vocazione, studiò per un paio d’anni presso un collegio, ma poi continuò da autoditta, cominciò in gruppetto letterario di provincia a scrivere poesie e a discuterne, i suoi primi libri non sono che imitazioni, applicazione ingenua e appassionata di modelli classici ( Luis de Góngora y Argote, petrarchismo spagnolo ) e di modelli contemporanei ( i prestigiosi poeti , più anziani di lui, della cosidetta “ Generazione ’27 “ : Vicente Aleixandre, Federico García Lorca, Rafael Alberti – ma anche il cileno Pablo Neruda che era in contatto e amicizia con loro ).

Prima della guerra civile spagnola, scoppiata nel 1936, la vita di Miguel Hernández è un susseguirsi di tentantivi goffi, iniziative fallite, atroci disavventure : nell’inverno fra il 1931 e il 1932 va a Madrid dalla nativa Orihuela a cercare lavoro, ma è un inverno di privazioni, di vita derelitta e misera nella capitale. Sembra che sia il suo stesso aspetto fisico a esporlo alle angherie dell’autorità, se per due volte gli capiterà di essere arrestato e maltrattato dalla guardia civile “ a causa del suo vestire trasandato, e dal suo aspetto da popolano “ ( Dario Puccini ). Ma è in seguito a questo episodio che alcuni intellettuali firmano una protesta pubblica : e Miguel Hernandez si accorge, per la prima volta, di poter contare su una solidarietà.

All’inizio del 1935, aderisce al manifesto letterario di Pablo Neruda “ per una poesia impura , il suo stile si libera ormai dal tormentato e manieristico intimismo giovanile, ancora segnato da un’ipoteca classicistica e cattolica . E’ ciò che viene definito la “ conversione “  socialista ed epica : con la certezza, per qualche anno, di parlare a un popolo in rivolta che può liberarsi finalmente da un’oppressione secolare.

Poco dopo l’inizio della guerra civile antfranchista, Miguel Hernández si arruola volontario, combatte in diverse durissime battaglie . Gira la Spagna come intellettuale militante insieme al comandate Carlos, Vittorio Vidali, conosce alcuni scrittori che avevano partecipato, a Madrid e Barcellona, al Secondo Congresso degli Intelletuali Antifascisti : André Malraux, Langston Hughes, Stephen Spender, César Vallejo, il giovane Octavio Paz Lozano . Ma è la sua salute a cedere. Spossato e depresso, tormentato da continui mal di testa, deve rassegnarsi al riposo, a un regime di cure. I presentimenti di sconfitta e di tragedia si accentuano dopo la morte, all’età di appena 10 mesi, del suo primo figlio Manuel Ramón, la cui nascita lo aveva riempito di felicità. Come ha scritto Dario Puccini, la vocazione “ casalinga” e “paterna” di Hernández era molto forte, e il “ suo amore proiettato verso il futuro dei figli “ era forse il lato più delicato del suo temperamento. La morte del suo primogenito apre una ferita inguaribile in lui : “ L’idea del nascere e del morire, nella fantasia di Miguel Hernández si congiungono ed entrambe si tingono d’un analogo colore della fatalità “ .

 

Resto nell’ombra , pieno di luce, esiste il giorno ?
Questa è la mia tomba o la mia vòlta materna ?
Un battito scorre sulla mia pelle come un fredda
che germina calore, rossa, morbida.

Forse non sono ancor nato,
o già morto da sempre. L’ombra mi domina.
S è questo vivere, morire non so che sarebbe,
n è so coda cerco con ansia tanto eterna .

Incatenato ad un abito,sembra che sto cercando
di denudarmi,liberarmi da quello che non può
essere me e mi fa cupo e assente lo sguardo.

Ma il nero panno,distante,m’accompagna,
ombra con ombra,contro l’ombra,finchè si riversa
sulla nuda vita che straripa dal nulla.

La sua poesia, il cui modello era diventato sempre più Francisco de Quevedo Villegas , si fa essenziale, prosaicamente violenta. Il sonetto “ Resto nell’ombra “ appartiene al gruppo delle sue ultime poesie, difficilmente databili. Forse è stato scritto nel 1940 – 1941. Dopo la vittoria di Francisco Franco, Miguel Hernández viene arrestato due volte. La seconda, nella sua città natale, è quella definitiva. Prima condannato a morte, passa alcuni mesi in attesa dell’esecuzione. Ma poi la condanna viene commutata a trent’anni di prigione. Quelli dal 1939 al 1942 sono anni terribili : il quotidiano assillo della fame, la cella invasa dai topi. Malato prima di tifo e poi di tubercolosi polmonare, Miguel Hernández muore il 28 marzo 1942 nell’ infermeria della prigione di Alicante alle 5.32 della mattina, a soli 31 anni. Le sue ultime parole sono state per la moglie, Josefina Manresa, vicino alla quale aveva vissuto così poco : “ Oh come sei sventuranta, mia Josefina” .

 

Bibliografia

Miguel Hernández , “ Poesie “ (a cura e con ampio saggio di Dario Puccini ), Ed. Feltrinelli, Milano, 1979
José Luis Ferris , “ Miguel Hernández. Pasiones, cárcel y muerte de un poeta “ , Temas de Hoy, Madrid, 2002.
Dario Puccini, “Il segno del presente, studi di letteratura spagnola “ , Edizioni dell’Orso, Alessandria, 1992
Miguel Hernández , “ Resto nell’ombra “ , da “ Ultime poesie “ in : Miguel Hernández, “ Obra completa “ (edición crítica de Agustín Sánchez Vidal y José Carlos Rovira, con la colaboración de Carmen Alemany), Espasa Calpe, Madrid, 1992.

 

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Photo : Miguel Hernández e Josefina Manresa, Jaèn, Aprile 1937 .

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Pindaro : che duri la gioia .

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Pindaro : che duri la gioia .

Nell’antica lirica greca ( “ lirica “ perché poesia destinata al canto , con accompagnamento, appunto, della lira o del flauto ) diversi furono i generi, a seconda del modo dell’ esecuzione, dell’occasione e del pubblico .

La distinzione maggiore o più nota , quella fra lirica “ monodica “ ( Saffo, Alceo, Anacreonte ) e la lirica “ corale “, praticata da Pindaro, consiste anzitutto in questo : mentre la lirica monodica veniva cantata da un solo esecutore, esprimeva stati d’animo soggettivi ed era destinata a un pubblico più ristretto, la lirica corale invece era destinata a occasioni cerimoniali di maggiore solennità, veniva eseguita di fronte a un uditorio più vasto .

All’accompagnamento della lira si aggiungeva il coro, e il contenuto poetico aveva uno stretto rapporto con i valori e la cultura della comunità, Inoltre, i poeti corali erano dei veri e propri professionisti della poesia pubblica, Componevano su commissione e quindi nelle loro composizioni non lasciavano spazio all’espressione delle proprie esperienze individuali.

Le diversità fra lirica monodica e lirica corale hanno perfino suggerito alla critica contempornea contrapposizioni ideologiche, di tendenza : come se, per esempio, richiamarsi a Saffo o a Pindaro significasse incoraggiare, nella poesia di oggi, la chiusura dei poeti in un mondo e linguaggio chiusi in sé stessi ( Saffo ), o viceversa spingere il poeta verso un più forte impegno nella vita pubblica .

Nel 1965, lo studioso Bruno Gentili apriva l’introduzione a una sua antologia della “ Lirica corale greca “ con queste prole : “ In un momento di crisi, oggi, della poesia, tra sperimentalismi d’avanguardia, ha forse un senso riproporre una nuova lettura dell lirica corale greca, Pindaro , Simonide, Bacchilide. La scelta non è casule, ma ha un significato che sarebbe stato eluso se ci si fosse limitati a presentare i poeti dell lirica monodica, troppo consunti dalla tradizione ermetica “ . ( 1) La traduzione ermetizzante che fece Salvatore Quasimodo aveva messo in ombra la lirica corale ed escluso Pindaro .

Non soggettiva, né edonistica o intimistica , ma pubblica, e rivolta all’intera comunità, colma di sacerdotale entusiasmo è la poesia di Pindaro .

La forza e lo splendore del sole
è su loro laggiù, quando qui è l’ombra
e intorno alla loro città sono i prati
di rosse rose scure
e l’ombra dell’incenso,
e pesanti frutti d’oro.

……..

Cavalli e lotte li rallegrano
ed il gioco o la cetra,
una felicità compiuta
fiorisce vicina, eterna,
tutta l’aria sul felice paese odora
per i fiumi perpetui
di mille sacrifici
misti al fuoco vistoso
sulle are degli Dei .

……..

Dà laggiù
i fiumi vani, inerti della notte
riversano ombra senza fine . ( 2 )

Non si può immaginare un mondo più fuso e unitario di quello pindarico, che pare fondersi sulle identificazioni : verità e realtà, tradizione e poesia, poetica e morale, agonismo e liturgia. La poesia è sapienza ; a sua volta ogni sapienza è ispirazione .

Dalla Grecia arcaica gli Dei non erano ancor fuggiti, erano presenti nella natura e fra gli uomini. Pindaro celebra questa presenza.

Per Bruno Snell, quella “ poesia festiva “  che era la lirica “ aveva il compito di elevare i valori del presente al di sopra dell’hic et nuc, di dare durata al momento della gioia “ . E i due mezzi più sicuri per raggiungere questo fine di consacrazione e sublimazione erano il mito e la sentenza ; “ Il mito (…) confronta l’avvenimento terreno a un modello divino o eroico e dà così senso e valore al contingente. La sentenza stabilisce una relzione fra il caso particolare e l’universale, e guida così, per via razionale, verso la verità “ . (3)

Sarebbe ben arduo commentare in dettaglio questo che è uno dei più splenditi e misteriosi frammenti di Pindaro. Esso suggerisce, però, con alcune immagini la folta intensità del suo mondo poetico, la vitalità delle percezioni fisiche, quella estatica felicità di fronte allo splendore, alla bellezza cosmica , che irradia da tutto : “ forza” e “ splendore”, le “rose scure rose “ , i “pesanti frutti d’oro “ . E , poi, quel clima di festa, di allegria primordiale : cavalli e lotte, il gioco e il canto. E la felicità è “compiuta”, è lì . E’  “vicina, eterna” nel presente . Anche se si intravede il vuoto e l’inerzia, l’ “ombra senza fine” che avvolge la luce.

 

 

Note

1. Bruno Gentili , “ Introduzione “ , in “ Lirica corale greca “ , Ed. Guanda, Parma, 1965, p. I

2. Pindaro, “ I misteri “, in “ Lamentazioni “ , Frammento I, Versi 1 – 18, da : Pindaro “ Tutte le opere “ a cura di Enzo Mandruzzato, Bompiani Editore, Milano, 2010

3. Bruno Snell , “ La cultura greca “, Ed. Einaudi, Torino, 1963, p. 90

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Photo : Raffaello, “ Parnaso “ , ” Pindaro “ ( particolare ) , 1510 -1511, Stanza della Segnatura dei Musei Vaticani, Roma .

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Globalisierte Barbarei

Tomasz Konicz

 

Globalisierte Barbarei .

Ein Versuch, das Phänomen “Islamischer Staat ”  zu begreifen .

von Tomasz Konicz

 

Barbarie globalizzata .

Un tentativo di capire lo “Stato Islamico”

di Tomasz Konicz

 

Auf ein Neues. Wieder einmal mobilisiert der Präsident der USA eine Koalition der Willigen, um gegen “Das Böse“ (SPON) zu Felde zu ziehen. Diesmal ist es die Terrortruppe “ Islamischer Staat“ (IS), die in einem dreijährigen Feldzug niedergerungen werden soll, in dessen erster Phase die US-Airforce ihre Luftschläge auch auf Syrien ausweiten wird. Zugleich fordert das Weiße Haus vom Kongress die Kleinigkeit von 500 Millionen US-Dollar, um “moderate syrische Rebellen zu trainieren und zu bewaffnen“, wie Reuters berichtete.

Un’altra volta. Ancora una volta, il presidente degli Stati Uniti mobilita una coalizione di coloro disposti a scendere in campo contro “il male” (Spiegel Online). Stavolta è il gruppo terroristico ” Stato Islamico ” che dev’essere sconfitto nel corso di una campagna di tre anni, la cui prima fase vedrà le forze aeree degli Stati Uniti estendere i loro attacchi sulla Siria. Al tempo stesso, la Casa Bianca chiede al Congresso la bagatella di 500 milioni di dollari, allo scopo di “addestrare ed armare ribelli siriani moderati “, come ci informa la Reuters.

Dieses Vorgehen weckt Erinnerungen an eine frühere Phase des syrischen Bürgerkrieges, als westliche Geheimdienste in trauter Gemeinsamkeit mit den fundamentalistischen Golfdespotien wie Saudi-Arabien die syrische Opposition unterstützten, aus der neben einer Vielzahl anderer islamistischer Milizen auch der Islamische Staat hervorging. Und selbstverständlich dominieren eben fundamentalistische Gruppierungen innerhalb der syrischen Oppositionsbewegung, die sich in Konkurrenz zum Islamischen Staat befinden und diesen bekämpfen.

Quest’approccio ci fa tornare alla mente una fase precedente della guerra civile siriana, quando i servizi segreti occidentali, in stretta comunione con i dispotismi fondamentalisti del Golfo, quali l’Arabia Saudita, decisero di appoggiare l’opposizione siriana, appoggio da cui è sorto lo Stato Islamico, oltre tutta una varietà di altre milizie islamiche. E naturalmente dentro il movimento di opposizione siriana dominano proprio le fazioni fondamentaliste che sono in concorrenza con lo Stato Islamico e lottano contro di esso.

Eine der wichtigsten syrischen Rebellengruppen stellt etwa die fundamentalistische Allianz Islamische Front dar, deren Führer Hassan Abboud jüngst bei einem mutmaßlich vom IS durchgeführten Attentat getötet wurde. Die Islamische Front stellt das größte Kontingent innerhalb der syrischen Rebellen dar – und sie verfügt über enge Kontakte zur Dschihadistengruppe al-Nusra.

Uno dei principali gruppi ribelli siriani, ad esempio, è l’alleanza fondamentalista Fronte Islamico, il cui leader Hassan Abboud è stato recentemente ucciso in un attentato realizzato presumibilmente dallo Stato Islamico. Il Fronte Islamico rappresenta il più grande contingente nell’ambito dei ribelli siriani – ed è in stretto contatto con il gruppo jihadista al-Nusra.

Selbst dieser syrische Al-Kaida Ableger, die Jabhat al-Nusra, bemüht sich seit einer schweren Niederlage gegen den IS, durch Freilassungen von US-Geiseln sich vom Islamischen Staat zu distanzieren. Konsequenterweise werden diese “moderaten“ Rebellen künftig ihre militärische Ausbildung auf dem Territorium der Vorzeigedemokratie Saudi-Arabien absolvieren.

E’ questa filiale siriana di Al-Qaueda, la Jabhat al-Nusra, che sta cercando, dopo una pesante sconfitta, di distanziarsi dallo Stato Islamico, per mezzo del rilascio di ostaggi nordamericani. Di conseguenza, questi ribelli “moderati” in futuro andranno a completare la propria formazione militare su quel territorio democratico di riferimento che è l’Arabia Saudita.

Um es klar auszusprechen: Der Westen ist mal wieder dabei, Islamisten zu bewaffnen, um Islamisten zu bekämpfen – und nebenbei seine geopolitischen Interessen zu verfolgen, die im Falle Syriens auf den Sturz des Assad-Regimes abzielen. Es stellt sich nur noch die Frage, welche Dschihadisten-Truppe, die jetzt noch als Teil der “moderaten Opposition“ gilt, in wenigen Jahren abermals außer Kontrolle gerät und vermittels militärischer Interventionen ausgeschaltet werden muss. Der Westen gleicht in seinem Windmühlenkampf gegen den islamischen Fundamentalismus dem berüchtigten Zauberlehrling, der die Geister, die er zwecks geopolitischer Instrumentalisierung in der vom Staatszerfall ergriffen Region herbeirief, nun nicht mehr loswird.

Parlando chiaramente: l’Occidente si trova ancora una volta sulla strada di armare degli islamisti per combattere gli islamisti – e portare avanti, allo stesso tempo, i propri interessi geopolitici, che nel caso della Siria sono quelli di rovesciare il regime di Assad. Rimane solo la questione di sapere se quel gruppo jihadista, che adesso fa ancora parte della “opposizione moderata”, nel giro di pochi anni non andrà ancora una volta fuori controllo e non dovrà essere eliminato attraverso un intervento militare. L’Occidente, nella sua lotta tipo mulini a vento contro il fondamentalismo islamico, è come il famoso apprendista stregone, che non riesce a liberarsi dagli spiriti che in questa regione frantumata dal fallimento statale lui stesso ha evocato per strumentalizzarli.

Dabei ist es nicht nur die westliche Geopolitik, die den Dschihadisten Auftrieb verschafft. Westliche Länder fungieren auch als wichtige Rekrutierungsfelder für den IS. Rund 3000 Dschihadisten aus Westeuropa, den USA, Kanada und Australien sollen amerikanischen Medienberichten zufolge in den Reihen des Islamischen Staates kämpfen. Von den Rund 31 500 Kämpfern, die sich diesem Terrorgebilde angeschlossen haben sollen, ist somit rund ein Drittel im Ausland – zumeist vermittels einer ausgefeilten Anwerbungskampagne – rekrutiert worden.

Non è soltanto la geopolitica dell’Occidente a dare forza ai jiahdisti. Anche i paesi occidentali servono da importante campo di reclutamento per lo Stato Islamico. Secondo la stampa americana, sono circa 3.000 i jihadisti provenienti dall’Europa Occidentale, Stati Uniti, Canada ed Australia che combattono nelle file dello Stato Islamico. Dei circa 31.500 combattenti che si sono uniti a questa struttura terroristica, circa un terzo è stato reclutato all’estero – soprattutto a mezzo di una sofisticata campagna di reclutamento.

Ein in den kurdischen Autonomiegebieten Syriens gefangen genommener Selbstmordattentäter des IS berichtete gegenüber Medienvertretern von einem beständigen Zustrom von Dschihad-Touristen aus aller Welt, die sich den Kampfverbänden dieser Terrorarmee anschließen würden:

“Dort sind Nationalitäten aus aller Welt vertreten. Es sind viele Briten darunter. Sie kommen aus asiatischen Ländern, aus Europa und Amerika. Sie kommen von überall her. “

Un aspirante attentatore suicida dello Stato Islamico, arrestato nelle regioni autonome curde della Siria, ha riferito ai rappresentanti dei media di un flusso costante di turisti jihadisti provenienti da tutto il mondo, i quali desiderano unirsi ai gruppi di combattimento di questo esercito terrorista:

” Ci sono nazionalità di tutto il mondo. Fra di loro ci sono molti inglesi. Vengono dai paesi asiatici, dall’Europa e dall’America. Vengono qui da tutte le parti.”

Der IS stellt somit gewissermaßen ein Nebenprodukt der krisenhaften kapitalistischen Globalisierung dar. Hierbei handelt es sich gerade nicht um eine autochthone, traditionalistische und aus den regionalen Sippenverbänden und “ Stämmen“ hervorgegangene Aufstandsbewegung, sondern um eine im höchsten Maße globalisierte Besatzungsarmee, die sich in den sozioökonomischen und politischen Zusammenbruchsregionen des Zweistromlandes konstituierte. Deswegen massakriert der Islamische Staat nicht nur “ Ungläubige“, sondern auch Sunniten, die sich dieser Fremdherrschaft zu widersetzen wagen. An die 700 Mitglieder eines sunnitischen Sippenverbandes in Ostsyrien wurden von dem IS Mitte August buchstäblich abgeschlachtet, nachdem deren Stammesführer den Dschihadisten die Gefolgschaft verweigerten.

Lo Stato Islamico, pertanto, rappresenta una sorta di sottoprodotto della globalizzazione capitalista in crisi. Qui non si tratta di un’insorgenza nativa, tradizionalista e nata dalle associazione dei “clan” e delle “tribù” regionali, ma di un esercito di occupazione globalizzato al grado più alto, che si è costituito nelle regioni in collasso socio-economico e politico della Mesopotamia. Ragion per cui, lo Stato Islamico massacra non solo gli “infedeli”, ma anche i sunniti che osano opporsi al dominio straniero. A metà agosto, quasi 700 membri di un’associazione dei clan sunniti dell’Est della Siria sono stati letteralmente massacrati dallo Stato Islamico, dopo che i loro leader tribali si erano rifiutati di giurare fedeltà ai jihadisti.

Worin aber besteht das Wesen dieser “ Fremdherrschaft“, die eine – zumindest in ihrer Führungsriege – größtenteils zugereiste Dschihadistentruppe in dieser Zusammenbruchsregion zu errichten trachtet? Das, was sich im Zweistromland in Gestalt des IS materialisiert, ist eine bitterböse Karikatur, ein Negativ der effizientesten Organisationsform, die der Spätkapitalismus hervorgebracht hat: der transnationalen Großkonzerne. Der Islamische Staat stellt eine hocheffiziente “ Geldmaschine“ (Bloomberg) dar, die durch Einnahmen aus Ölschmuggel und sonstigen Geschäftsfeldern der Organisierten Kriminalität einen permanenten “ Strom von Geldzuflüssen“ erzeugen konnte. “ Der Islamische Staat ist wahrscheinlich die vermögendste Terrorgruppe, die wir jemals kennengelernt haben“, erklärte ein US-Analyst gegenüber Bloomberg.

Ma qual è la natura del “dominio straniero” che – almeno nella sua leadership – la truppa jihadista, in gran parte appena arrivata, cerca di costruire in questa regione al collasso? Quello che si è materializzato in Mesopotamia, sotto forma di Stato Islamico, è una caricatura infuriata, una sorta di negativo della forma più efficiente di organizzazione mai generata dal tardo capitalismo: le grandi imprese transnazionali. Lo Stato Islamico è una “macchina per fare soldi” (Bloomberg) altamente efficiente, che è riuscita a produrre un “flusso di entrate di cassa” permanente grazie alla ricetta del contrabbando di petrolio e di altri rami dell’azienda del crimine organizzato. “Lo Stato Islamico è, probabilmente, il gruppo terrorista più ricco che io abbia mai conosciuto”, ha detto a Bloomberg un analista americano.

Dieser Terrorkonzern, der regelrechte “ Geschäftsberichte“ publiziert, verfügt über eine hocheffiziente interne Befehlsstruktur und eine sehr effektive Militärmaschine, er unterhält eine professionelle Public-Relations-Abteilung, die sich sehr erfolgreich der Rekrutierung neuer Mitglieder widmet – und er übt sich im “ Lean Management“ der eroberten Gebiete, deren Verwaltung lokalen Würdenträgern überlassen wird, sofern sie dem “ Kalifat“ Treue schwören und Gefolgschaft leisten. Die Internationalen Verflechtungen dieser dschihadistischen “ Geldmaschine“ beschränken sich nicht nur auf dessen Mitgliederstruktur, auch die Anschubfinanzierung des IS erfolgte über internationale Finanzzuwendungen reicher Sponsoren aus den Golfstaaten.

Quest’impresa terrorista che pubblica regolarmente “Relazioni e Bilanci”, ha una struttura interna di comando altamente efficiente ed una macchina militare assai efficace, dispone di un dipartimento professionale di pubbliche relazioni , che si dedica con successo a reclutare nuovi membri – e che pratica la “Gestione Snella” dei territori conquistati, la cui amministrazione viene lasciata ai dignitari locali, a condizione che essi giurino fedeltà e forniscano vassallaggio al “Califfato”. Le ramificazioni internazionali di questa “macchina per fare soldi” jihadista non si limitano alla sua struttura di affiliazione, il finanziamento iniziale dello Stato Islamico è stato realizzato con l’appoggio finanziario internazionale dei ricchi sponsor degli Stati del Golfo.

Der wichtigste Unterschied zwischen dem global agierenden Konzern und dem Islamischen Staat besteht darin, dass für die transnationalen Konzerne die Akkumulation von Kapital den Selbstzweck ihrer gesamten Tätigkeit bildet. Alle Verwüstungen und Zerstörungen, die der Spätkapitalismus den Menschen und der Umwelt antut, bilden nur Nebenprodukte des blinden und uferlosen Strebens nach Kapitalverwertung, worin der irrationale Kern der kapitalistischen Produktionsweise nun einmal besteht. Für den Islamischen Staat stellt die Kapitalakkumulation hingegen nur ein Mittel zu einem anderen irrationalen Zweck dar, der in einem möglichst effizienten Vernichtungs- und Zerstörungswerk besteht. Nichts anderes stellen die besagten “ Geschäftsberichte“ des IS dar, es sind Auflistungen der erfolgreichen Terroroperationen dieses “ Unternehmens“. Die implizite Tendenz zur Selbstzerstörung, die dem Kapitalismus innewohnt, tritt beim IS somit offen zutage, sie wird explizit.

La differenza principale fra la grande impresa globale e lo Stato Islamico sta nel fatto che il fine in sé di tutte le grandi imprese transnazionali è l’accumulazione del capitale. E tutte le devastazioni e le distruzioni che il tardo capitalismo compie nei confronti delle persone e dell’ambiente, sono soltanto sottoprodotti della ricerca cieca e senza limiti della valorizzazione del capitale, che alla fine costituisce il nucleo irrazionale del modo di produzione capitalista. Per lo Stato Islamico, invece, l’accumulazione del capitale rappresenta solo un mezzo per un altro fine irrazionale, che consiste nel lavoro della distruzione e dell’annichilimento più efficiente possibile. Rappresentano solo questo le “Relazioni e Bilanci” dello Stato Islamico, che sono elenchi di operazioni terroriste svolte con successo da parte di questa “impresa”. Pertanto, la tendenza implicita all’autodistruzione inerente al capitalismo, nel caso dello Stato Islamico viene apertamente alla luce, viene resa esplicita.

Der Islamische Staat nutzt somit die effektivsten Organisationsformen und rationellsten Methoden, die der krisengeplagte Spätkapitalismus hervorbrachte, um ein irres, ein wahnsinniges Ziel zu verfolgen: die buchstäbliche Auslöschung aller Ungläubigen. Spätestens hier wird eine Parallele zu dem bisher größten Zivilisationsbruch der Weltgesichte, dem Vernichtungswerk des deutschen Nationalsozialismus, offensichtlich. Auch die Nazis bedienten sich der damals modernsten Organisationsformen und Methoden, um mit Auschwitz eine fordistische Todesfabrik zu erschaffen, deren fließbandartig hergestelltes “ Produkt“ in dem aus den Krematorien aufsteigenden Rauch verbrannter Menschenleiber bestand. So wie die Nazis im rassistischen Wahn eine effiziente negative Fabrik der Menschenvernichtung errichteten, um die Welt von Juden, Roma, slawischen Untermenschen oder Bolschewisten zu “ säubern“, so konstituiert sich der IS in der Organisationsform eines negativen Konzerns, um sein irres Ziel eines religiös reinen Weltkalifats zu verfolgen. Die instrumentelle Rationalität und ökonomistische Vernunft des westlichen Kapitalismus, die zwecks effizientester Kapitalakkumulation immer weiter vervollkommnet wird, schlägt so in den Händen des IS in nackte Barbarei um.

In questo modo, lo Stato Islamico usa le forme più efficaci ed i metodi di organizzazione più razionali, prodotti dal tardo capitalismo tormentato dalla crisi, al fine di raggiungere un obiettivo folle e allucinato; l’annichilimento letterale di tutti gli infedeli. Qui appare chiaramente un parallelo con quello che finora è stato il più grande collasso della civiltà nel corso della storia mondiale, il lavoro di annichilimento del nazionalsocialismo tedesco. Anche i nazisti fecero uso delle forme e dei metodi dell’organizzazione ch era allora la più moderna per creare ad Auschwitz qualcosa di simile ad una fabbrica fordista di morte, il cui “prodotto”, fabbricato come in una catena di montaggio, era il fumo dei corpi umani bruciati che usciva dai forni crematori. Allo stesso modo in cui i nazisti, nel loro delirio razzista, costruirono un’efficiente fabbrica negativa di distruzione umana, per “pulire” il mondo dagli ebrei, dagli zingari, dai subumani slavi o bolscevichi, anche lo Stato Islamico si è costituito sotto la forma dell’organizzazione di una grande impresa negativa, per perseguire il suo folle obiettivo di un Califfato mondiale religiosamente puro. La razionalità strumentale e la razionalità economicista del capitalismo occidentale, che viene continuamente migliorata con il proposito di un’accumulazione più efficiente del capitale, nelle mani dello Stato Islamico diventa barbarie nuda e cruda.

Im Terrorkonzern, den der Islamische Staat errichtet, spiegelt sich somit die krisenhafte Irrationalität kapitalistischer Vergesellschaftung. Inzwischen scheinen sich erste Franchisenehmer auf dem globalisierten Terrormarkt einzufinden, die das massenmörderische Erfolgsrezept des IS zu kopieren versuchen. Eine zweite Welle der Globalisierung der dschihadistischen Barbarei setzt ein. Die “wachsende Popularität“ des IS in Südostasien könnte langfristige Sicherheitsbedrohungen nach sich ziehen, warnte etwa Aljazeera Mitte Juli. Tatsächlich hat sich auf den Philippinen kürzlich die Terrorgruppe Abu Sayyaf dem Islamischen Staat angeschlossen. Die westafrikanischen Dschihadisten der Boko Haram, die laut Neewsweek ein “Territorium von der Größe Irlands“ kontrollieren, bemühen sich ebenfalls, mit der Ausrufung ihres afrikanischen “Kalifats“ das Vorgehen des IS zu imitieren.

Nella grande impresa terrorista impiantata dallo Stato Islamico si riflette, così, l’irrazionalità in crisi della socializzazione capitalista. Nel frattempo si vedono arrivare i primi franchising sul mercato globalizzato del terrore, che tentano di copiare la ricetta di successo dei massacri dello Stato Islamico. E’ in atto una seconda ondata di globalizzazione della barbarie jihadista. La “popolarità crescente” dello Stato Islamico nel Sudest Asiatico potrebbe portare con sé minacce alla sicurezza a lungo termine, ha avvertito a metà luglio Aljaizira. Infatti, il gruppo terrorista delle Filippine, Abu Sayyaf, recentemente è entrato nello Stato Islamico. Anche jihadisti dell’Africa Occidentale di Boko Haram, che secondo il Newsweek controllano un “territorio delle dimensioni dell’Irlanda”, hanno tentato di imitare lo Stato Islamico proclamando il loro ” Califfato” africano.

Um was konkurrieren die Terrorgruppen auf dem globalen Terrormarkt? Neben den Finanzzuwendungen vermögender Sponsoren aus den Despotien der arabischen Halbinsel ist es vor allem die Ware, die der Spätkapitalismus im Überfluss ausscheidet: Menschen. Viele der spektakulären Angriffe und Aktionen des IS – wie etwa die kurzfristige Okkupierung der Talsperre bei Mossul – zielen gerade auf einen propagandistischen Effekt ab, mit dem die Rekrutierung neuen Menschenmaterials beschleunigt werden soll. Mit Erfolg, wie eine US-Studie belegt. Demnach haben insbesondere die afghanischen Taliban, die unter enormen militärischen Druck geraten sind, einen herben Exodus ausländischer Kämpfer verzeichnen müssen, die nun gen Syrien und Irak aufbrechen, um sich den dortigen Dschihadisten anzuschließen:

“ Kämpfer aus Usbekistan, China und Tschetschenien haben kaum Chancen, in ihre Heimatländer zurückzukehren, aber sie wissen, dass sie in Syrien und dem Irak willkommen sind, wo Jabhat al-Nusra und der Islamische Staat gegen den syrischen Präsidenten Assad, gegeneinander, und im Falle des Islamisches Staates, gegen Kurden, Irakis und sogar den Iran kämpfen.“

Per cosa si fanno concorrenza i gruppi terroristici sul mercato globale del terrore? Oltre ai contributi finanziari dei ricchi sponsor del dispotismo della penisola arabica, si tratta soprattutto della merce che il tardo capitalismo espelle in quanto superflua: gli esseri umani. Molti degli attacchi e delle azioni spettacolari dello Stato Islamico – come ad esempio la recente occupazione della diga del Mosul – sono rivolti proprio ad un aspetto propagandistico, con il quale si propongono di accelerare il reclutamento di nuovo materiale umano. Con successo, come dimostra uno studio negli Stati Uniti. Così, in particolare i talebani afghani, che si trovano sotto un enorme pressione militare, stanno soffrendo di un’amara fuoruscita di combattenti stranieri che ora vanno in direzione della Siria e dell’Iraq per unirsi ai jihadisti locali:

” Combattenti uzbecki, dalla Cina e dalla Cecenia hanno poche possibilità di poter tornare ai loro paesi di origine, ma sanno di essere benvenuti in Siria ed in Iraq, dove Jabhat al-Nusra e lo Stato Islamico lottano contro il presidente siriano Assad, l’uno contro l’altro, e nel caso dello Stato Islamico, contro i curdi, gli iracheni e perfino contro l’Iran”.

Es ist ein Eingeständnis des völligen Scheiterns des brutalen westlichen “Krieges gegen den Terror“, der letztendlich unter Anwendung terroristischer Methoden geführt wurde. Nach rund 13 Jahren hat sich eine global agierende Schicht von Zehntausenden heimatlosen Gotteskämpfern herausgebildet, deren Heimat der “Heilige Krieg“ ist. Im Gegensatz zum global agierenden Al-Kaida-Netzwerk ist diese neue Generation von Dschihadisten aber bemüht, in den Zusammenbruchsgebieten des Weltmarktes Territorien zu erobern und zu halten, um ihr Wahngebilde eines weltumspannenden Kalifats zu verwirklichen.

E’ l’ammissione del fallimento totale della brutale “guerra contro il terrore” da parte dell’Occidente, che ha finito per essere realizzata utilizzando metodi terroristici. Dopo circa 13 anni, si è costituito uno strato globale composto da decine di migliaia di guerrieri religiosi senza patria, la cui patria è la “Guerra Santa”. In contrasto con la rete globale di Al Qaeda, questa nuova generazione di jihadisti sta tentando di conquistare e di mantenere territori nelle aree al collasso del mercato mondiale, per realizzare i loro deliri di un Califfato globale.

Zurückgreifen kann der in Geld schwimmende Islamische Staat dabei auf die Heerscharen ökonomisch “überflüssiger“ junger Männer, die in der Peripherie – und zunehmend auch in den Zentren – des kapitalistischen Weltsystems ein marginalisiertes und elendes Dasein fristen. Ein Sold von wenigen Hundert US-Dollar im Monat und die Hoffnung auf ein jenseitiges Paradies reichten in vielen Fällen aus, um diese perspektivlosen Menschen, die in der Hölle zerfallender Staaten und Gesellschaften vegetieren, zum Beitritt in die Reihen des IS zu motivieren.

Lo Stato Islamico, nuotando nel denaro, può fare ricorso ad una moltitudine di giovani economicamente “superflui” che nella periferia del sistema capitalista mondiale – e, sempre più, nei centri – conducono una vita marginale e miserabile. Una paga di poche centinaia di dollari al mese e la speranza di un paradiso nell’Aldilà, in molti casi sono sufficienti a motivare queste persone senza prospettive che vegetano nell’inferno degli Stati e delle società fallite, per unirsi alle file dello Stato Islamico.

Doch was veranlasst Tausende Muslime aus dem Westen, sich dem dschihadistischen Terrornetzwerken anzuschließen? Eine Studie des Verfassungsschutzes, in der die Lebensläufe der knapp 400 aus Deutschland in den “Heiligen Krieg“ gezogenen Islamisten beleuchtet wurden, kommt zu dem Ergebnis, dass sich größtenteils marginalisierte Muslime den Dschihadisten angeschlossen haben. Einer geregelten Beschäftigung gingen nur 12 Prozent dieser Gotteskrieger nach, die überwältigende Mehrheit hiervon war im Niedriglohnsektor beschäftigt. Nur sechs Prozent hatten eine Ausbildung absolviert, zwei Prozent ein Studium. Rund ein Drittel dieser Islamisten war schon zuvor mit dem Gesetz in Konflikt geraten, größtenteils im Zusammenhang mit gettoüblicher Kleinkriminalität. Bei der Mehrheit der Ausgereisten handelte es sich somit um Angehörige der Unterschicht, die unter prekären Lebensbedingungen in den informellen Ausländergettos der BRD ein marginalisiertes Leben am Rande der Legalität fristen – bis sie in die Fänge der Salafistenszene geraten. Bezeichnend ist etwa, das nur in 23 Prozent der Fälle die Eltern dieser Gotteskrieger einen fundamentalistischen Islam praktizierten. Ein Paradebeispiel für eine solche Karriere vom kleinkriminellen Gettokid zum Gotteskrieger stellt der Rapper Denis Cuspert dar, der inzwischen in den engeren Führungszirkel des IS aufgestiegen sein soll.

Ma cosa ha portato migliaia di musulmani d’Occidente ad unirsi alle reti terroristiche jihadiste? Uno studio dell’Istituto di Difesa della Costituzione, ha analizzato i curriculum di circa 400 islamisti che dalla Germania si sono mossi verso la “Guerra Santa”, ed è arrivato alla conclusione che i musulmani che si sono uniti ai jihadisti erano in gran parte emarginati. Solo il 12% di questi guerrieri religiosi avevano un’occupazione regolare, di cui la stragrande maggioranza nel settore dei bassi salari. Solo il 6% aveva portato a termine un corso professionale, e solo il 2% aveva un titolo di studio. Circa un terzo di questi islamisti aveva già avuto problemi con la legge, soprattutto in collegamento con la piccola criminalità tipica del ghetto. Quelli che hanno lasciato il paese erano in maggioranza membri degli strati più bassi, i quali conducevano una vita in condizioni precarie ai margini della legalità nei ghetti informali riservati agli stranieri in Germania – dove cadono nelle grinfie dei salafisti. E’ significativo che solo nel 23% dei casi i padri di questi guerrieri religiosi erano praticanti di un Islam fondamentalista. Un buon esempio di una carriera dalla piccola criminalità del ghetto a guerriero religioso, è quello del rapper Denis Cuspert, che però arriverà al ristretto circolo dei vertici dello Stato Islamico.

Es sind somit gerade keine traditionsbehafteten Muslime, die da in den Terrorkrieg ziehen, wie auch Tarfa Baghajati, Obmann der Initiative muslimischer ÖsterreicherInnen, in einem Interview mit Radio Free Europe erläuterte. Es gebe eine Reihe von Faktoren, auf die die Rekrutierungserfolge des IS in Europa zurückzuführen seien, so Baghajati:

“Am beachtenswertesten ist erstens, dass die jungen Leute, die sich diesen Gruppen anschließen, zuvor keine starken Bindungen an den Islam und andere Muslime hatten. Sie haben nie Moscheen besucht und Einige von ihnen wussten zuvor gar nicht, wie man betet. Deswegen ist ihre religiöse Erfahrung sehr stark emotionsgeladen. … Der zweite Faktor besteht darin, dass diese jungen Menschen sich nicht als Teil der westlichen Gesellschaft sehen. Sie haben es nicht vermocht, sich positiv einzubringen. Zudem gibt es auch Diskriminierung und indirekte Verfolgung gegen den Islam und Muslime, die unter dem Begriff Islamophobie zusammengefasst wird.“

Perciò, non sono in alcun modo i musulmani aggrappati alla tradizione, quelli che si uniscono alla guerra terrorista, come ha detto anche Tarfa Baghajati, presidente dell’Iniziativa degli Austriaci Musulmani, in un’intervista a Radio Free Europe. C’è una serie di fattori ai quali si deve il successo del reclutamento dello Stato Islamico in Europa, afferma Baghajati:

” C’è da notare, in primo luogo, che i giovani che si uniscono a questi gruppi non avevano in precedenza forti legami con l’Islam, né con altri musulmani. Non avevano mai visitato una moschea, ed alcuni di loro non sapevano nemmeno pregare. E’ per questo che la loro esperienza religiosa ha una carica emotiva molto forte… Il secondo fattore è che tali giovani non si vedono come parte della società occidentale. Non sono stati in grado di coinvolgersi positivamente in questa società. Oltre a questo c’è anche la discriminazione e indirettamente la persecuzione contro l’Islam e contro i musulmano, soggiacente al concetto di islamofobia”.

Die vom IS rekrutieren Muslime aus den Westen sehen sich nicht als Teil dieser Gesellschaften, weil sie es nicht sind, weil sie durch ökonomische Marginalisierung und zunehmenden Rassismus von der kriselnden kapitalistischen Arbeitsgesellschaft ausgeschlossen sind. Der europaweit krisenbedingt zunehmende Rassismus und Rechtsextremismus, der sich in den Wahlerfolgen der AfD, der britischen UKIP oder des französischen Front National manifestiert, zielt ja letztendlich auf den ökonomischen Ausschluss derjenigen Gruppen, die nicht als Teil der “Volksgemeinschaft“ verstanden werden (“Arbeitsplätze zuerst für Deutsche“). Der Rechtsextremismus, der den Ausschluss bestimmter Bevölkerungsgruppen propagiert, stellt somit eine ideologische Waffe im krisenbedingt zunehmenden Konkurrenzkampf dar. Es verwundert somit nicht, dass der IS das europaweit größte Kontingent an Kämpfern in Frankreich, im krisengeplagten Land der Banlieues und des Front National, rekrutieren konnte.

I musulmani reclutati dallo Stato Islamico nei paesi occidentali non vedono sé stessi come parte di queste società, in quanto non lo sono, perché sono esclusi dalla società capitalista del lavoro in crisi attraverso l’emarginazione economica ed il crescente razzismo. In tutta Europa, l’aumento del razzismo e dell’estrema destra, causato dalla crisi e che si manifesta con i successi elettorali dell’AfD tedesco, dell’UKIP inglese o del Fronte Nazionale francese, si propone infatti, in ultima analisi, l’esclusione economica di quei gruppi che non sono considerati parte della “comunità nazionale” (“posti di lavoro prima a chi è tedesco”). L’estrema destra che promuove l’esclusione di determinati gruppi di popolazione, rappresenta pertanto un’arma ideologica nella lotta della concorrenza in crescita a causa della crisi. Non sorprende, perciò, che a livello europeo lo Stato Islamico riesca a reclutare il suo maggior contingente di combattenti in Francia, il paese tormentato dalla crisi, il paese delle banlieues e del Fronte Nazionale.

Die Hinwendung zum extremistischen Islam unter europäischen Muslimen stellt somit eine Parallelentwicklung zu dem krisenbedingt zunehmenden Rechtsextremismus in Europa dar. Der militante und terroristische Dschihadismus stellt letztendlich eine religiös verbrämte Modifikation des Rechtsextremismus, eine Art postmodernen und globalisierten Klerikalfaschismus dar. Während im Westen die nationale Identität als ein Nährboden dient, aus dem rechtsextreme und faschistische Ideologien erwachsen, fungiert im arabischen Kulturkreis die Religion als eben dieser Nährboden, der Vernichtungsfantasien hervorbringt. Die Kategorie der Rasse, die in Europa die faschistische Vernichtungswut befeuerte, wurde im klerikalfaschistischen Dschihadismus durch die Kategorie des “Ungläubigen“ ersetzt.

Il volgersi verso l’estremismo islamico fra i musulmani europei rappresenta quindi uno sviluppo parallelo all’aumento dell’estrema destra in Europa provocato dalla crisi. Il Jihadismo militante e terrorista è, in ultima analisi, una modificazione dissimulata religiosamente dell’estrema destra, una sorta di fascismo clericale postmoderno e globalizzato. Mentre in Occidente l’identità nazionale serve da terreno fertile per la crescita delle ideologie fasciste e di estrema destra, nell’ambito culturale arabo è la religione che funziona essa stessa come terreno che produce fantasie di annichilimento. La categoria della razza, che aveva incendiato la furia distruttiva fascista in Europa, nel jihadismo clerico-fascista è stata sostituita dalla categoria degli “infedeli”.

Sowohl der Islamismus wie der europäische Rechtsextremismus stellen zudem einen Extremismus der Mitte dar, der die in der Gesellschaft dominierenden ideologischen Vorstellungen und Anschauungen ins geschlossene weltanschauliche Extrem treibt. Im Fall des Islamismus ist es die Religion, die in der “Mitte“ der arabischen Gesellschaften eine hegemoniale Stellung einnimmt, beim Rechtsextremismus ist es die längst zu einem ökonomistischen Standortdenken mutierte nationale Identität, die ins Extrem getrieben wird. Beide Ideologien können zudem als postmodern bezeichnet werden, da sie einen ideellen Ausfluss der Krise und des Scheiterns der kapitalistischen Moderne darstellen.

Sia l’islamismo che l’estrema destra europea rappresentano, inoltre, un estremismo di “centro”, che porta all’estremo di una visione del mondo chiusa alle idee ed alle opinioni ideologiche dominanti nella società. Nel caso dell’Islam è la religione ad occupare una posizione egemonica al “centro” delle società arabe; nel caso dell’estrema destra, quel che viene portato all’estremo è l’identità nazionale, da tempo tramutata nell’idea di localizzazione dell’investimento economico. Entrambe le ideologie possono anche essere descritte come postmoderne, in quanto rappresentano un via di fuga ideale dalla crisi e dal fallimento della modernità capitalista.

Der islamistische “Extremismus der Mitte“ kann letztendlich auch als eine Abart des Klerikalfaschismus begriffen werden. Faschismus – ob nun der deutsche Nationalsozialismus, Francos katholischer Faschismus in Spanien, oder die faschistische Diktatur Pinochets in Chile – stellt eine offen terroristische Krisenform kapitalistischer Herrschaft dar. Rechtsextreme und faschistische Tendenzen gewinnen immer dann an Dynamik, wenn die bürgerlich-liberale kapitalistische Gesellschaft in eine ökonomische oder politische Krise gerät, die das Fortbestehen des Gesamtsystems gefährdet oder auch nur zu gefährden scheint (Weltwirtschaftskrise 1929, Sieg der Volksfront 1936 in Spanien oder Allendes Wahlerfolg 1970 in Chile).

L’estremismo di centro islamista in ultima analisi può anche esser visto come una variazione del fascismo clericale. Il fascismo – che sia il nazionalsocialismo tedesco, o il fascismo cattolico di Franco in Spagna, o la dittatura fascista di Pinochet in Cile – rappresenta una forma di crisi apertamente terrorista del dominio capitalista. Le tendenze di estrema destra e fasciste traggono sempre impulso quando la società capitalista borghese-liberale entra in una crisi economica o politica che minaccia il proseguimento di tutto il sistema, o anche se sembra solo minacciarlo (la crisi economica mondiale nel 1929, la vittoria del Fronte Popolare nel 1936 in Spagna o la vittoria elettorale di Allende nel Cile del 1970).

Ob nun in Europas Metropolen, oder in den Zusammenbruchsregionen des Zweistromlandes – der Konstitutionsprozess des rassistischen wie des klerikalen Rechtsextremismus verläuft in sehr ähnlichen Bahnen. In Reaktion auf Krisenerschütterungen, auf das Auseinanderbrechen der bestehenden Gesellschaftsordnung setzt oftmals eine verstärkte Identitätsproduktion in den betroffenen Gesellschaften ein. Wenn alles in Fluss, in Unordnung gerät, suchen die autoritär disponierten Individuen Halt – und den finden sie nur noch in der Identität, in dem, was sie scheinbar sind: Deutscher, Franzose, Sunnit, Schiit. Die Angst vor der Zukunft und den unverstandenen Umbrüchen führt zu einer Sehnsucht nach früheren, als idyllisch imaginierten Gesellschaftszuständen; sei es der rassereine Nationalstaat oder das frühmittelalterliche Kalifat.

Sia nelle grandi città europee che nelle regioni al collasso della Mesopotamia – il processo di costituzione dell’estrema destra, sia razzista che clericale, si sviluppa lungo traiettorie molto simili. Come reazione allo shock della crisi, alla dissoluzione dell’ordine sociale esistente, nelle società interessate ha inizio assai spesso una produzione rafforzata dell’identità. Se tutto si dissolve ed entra in uno stato di disordine, gli individui predisposti all’autorità cercano un sostegno – e riescono a trovarlo soltanto nell’identità, nella quale si riconoscono: tedesca, francese, sunnita, sciita. La paura del futuro e le rotture incomprese portano alla nostalgia per precedenti situazioni sociali immaginate in maniera idilliaca; ossia lo Stato-nazione razzialmente puro o il Califfato medievale.

Der große Selbstbetrug bei dieser Hinwendung zur Identitätspolitik besteht selbstverständlich darin, dass diese Identitäten sich ja nur in Wechselwirkung mit der kriselnden kapitalistischen Gesellschaft konstituieren und somit nur identitärer Ausdruck des spätkapitalistischen Krisenprozesses sind. Das, was unter “deutscher Identität“ in der gegenwärtigen Deutschland AG landläufig verstanden wird, hat recht wenig zu tun mit den Deutschlandvorstellungen des frühen Kaiserreichs oder gar mit denen der Paulskirchenversammlung. Dasselbe gilt für den Islam, der gerade im frühen Mittelalter oftmals viel toleranter war, als es die gegenwärtigen Gotteskrieger und postmodernen Kalifatsbauer je wahrhaben wöllten. Es reicht hier, etwa daran zu erinnern, dass die Juden Spaniens gerade in der Frühphase der maurischen Herrschaft (von 711 bis zum Zusammenbruch des Kalifats von Córdoba 1031) weitgehende Religionsfreiheit und Rechtssicherheit genossen; vertrieben wurden sie erst durch die “Katholischen Könige“ nach der endgültigen Reconquista 1492.

La grande auto-illusione di questa devozione alla politica dell’identità, chiaramente, consiste nel fatto che tali identità sono già costituite soltanto per mezzo dell’interazione con la società capitalista in crisi e, pertanto, sono solo espressioni identitarie del processo di crisi del tardo capitalismo. Quello che viene comunemente inteso per “identità tedesca”, nella Germania contemporanea, ha assai poco a che vedere con la Germania dell’inizio dell’Impero, ed ancor meno con quella dell’Assemblea di Paulskirche [1848/1849, N.T.]. Lo stesso vale per l’Islam, che assai spesso era molto più tollerante, soprattutto all’inizio del Medioevo, cui vorrebbero riferirsi gli attuali combattenti religiosi ed i costruttori postmoderni del Califfato. Basta ricordare qui, a titolo di esempio, che gli ebrei di Spagna, soprattutto durante la fase iniziale del dominio dei Mori (dal 711 fino alla caduta del Califfato di Cordoba nel 1301), godevano di ampia libertà religiosa e certezza giuridica; vennero espulsi soltanto dai re cattolici dopo la riconquista definitiva del 1492.

Die gegenwärtige krisenbedingte Hinwendung zur nationalen oder religiösen Identität, die als ein ahistorisches und unabänderliches Kontinuum halluziniert wird, geht fast immer mit einer autoritären Charakterstruktur bei den betroffenen Personen einher. Der postmoderne Islamist unterwirft sich genauso blind der rigiden Koranauslegung, wie es die postmodernen Rechtsparteien mit den geheiligten Gesetzen des Marktes und des Kapitalkultes (in Gestalt der zum Wirtschaftsstandort verkommenen Nation) praktizieren. In beiden Fällen führt die Unterwerfung zum Hass auf all diejenigen, die dies anscheinend nicht genauso praktizieren (Ungläubige, “Sozialschmarotzer“, Arbeitslose, etc.).

L’attuale svolta, indotta dalla crisi, verso l’identità nazionale o religiosa, che viene vista in maniera allucinata come un continuum storico ed immutabile, viene quasi sempre associata con la personalità strutturata in maniera autoritaria degli individui interessati. L’islamista postmoderno si sottomette all’interpretazione rigida del Corano in maniera altrettanto cieca del modo in cui i partiti di destra postmoderni applicano le sacre leggi del mercato e del culto del capitale (sotto forma di una nazione ridotta alla localizzazione dell’investimento economico). In entrambi i casi, la sottomissione porta ad odiare tutti quelli che appaiono non applicare ciò allo stesso modo (infedeli, “parassiti sociali”, disoccupati, ecc.).

Der den europäischen wie islamischen Faschismus charakterisierende Gleichklang von Unterwerfung und Hass resultiert daraus, dass diese Unterwerfung mit Triebverzicht erkauft wird. Die Träger dieser Ideologien leiden insgeheim unter den absurden Vorgaben und Geboten, die der Fetischdienst an Koran und Kapital diktiert, wobei die autoritäre Charakterstruktur ein Aufbegehren gegen diese Leidensquellen ausschließt. Deswegen richtet sich die so aufgestaute Wut gegen imaginierte äußere Feinde. Beiden Ideologien wohnt auch ein analcharakterhafter Reinheitswahn inne, der sich beim Rechtsextremismus auf die Reinhaltung des Volkes, der Nation, oder des Wirtschaftsstandortes von “Parasiten“ erstreckt, während der Islamismus von der Manie um die Reinhaltung des religiösen Kultes verzehrt wird.

La linea, di sottomissione e di odio, che caratterizza tanto il fascismo europeo quanto quello islamico, fa conseguire che tale sottomissione viene acquisita per mezzo della rinuncia all’istinto. I portatori di queste ideologie soffrono segretamente, sotto le direttive ed i comandamenti aberranti dettati dalla servitù al feticcio, nel Corano e nel capitale, di una situazione in cui la personalità strutturata in maniera autoritaria esclude la ribellione contro le fonti della sofferenza. E’ per questo che la rabbia repressa viene diretta contro nemici esterni immaginari. Ad entrambe le ideologie, è inerente anche un’illusione di purezza tipica della fissazione anale, che nel caso dell’estrema destra diventa la difesa, contro i “parassiti”, della purezza del popolo, della nazione, o della localizzazione dell’investimento economico, mentre nell’islamismo viene distorta attraverso la mania della preservazione del culto religioso.

Die autoritären Dispositionen, die den Rechtsextremismus arabischer wie europäischer Prägung gleichermaßen antreiben, werden schon im Kleinkindalter in der patriarchalen oder kleinbürgerlichen Familie erworben, die der Psychoanalytiker Wilhelm Reich in seiner 1933 erschienen Studie “Massenpsychologie des Faschismus“ als die “Keimzelle des autoritären Staates“ bezeichnete. Der Staat und die Kirche setzten die in der autoritär-patriarchalen Familie eingeleitete autoritäre Strukturierung des Individuums fort. Zentral sei hierbei die Sexualunterdrückung, so Reich:

“ Die autoritäre Strukturierung des Menschen erfolgt … zentral durch Verankerung sexueller Hemmung und Angst am lebendigen Material sexueller Antriebe. … Ist nämlich die Sexualität durch den Prozess der Sexualverdrängung aus den naturgemäß gegebenen Bahnen der Befriedigung ausgeschlossen, so beschreitet sie Wege der Ersatzbefriedigung verschiedener Art. So zum Beispiel steigert sich die natürliche Aggression zum brutalen Sadismus.“

Le modalità autoritarie che danno impulso all’estrema destra, sia araba che europea, vengono acquisite da subito nella prima infanzia nella famiglia patriarcale o della classe media, descritta dallo psicoanalista Wilhelm Reich, nel suo saggio “Psicologia di massa del fascismo” (1933) come la “cellula embrionale dello Stato autoritario”. Lo Stato e la Chiesa continuano la strutturazione autoritaria dell’individuo iniziata nella famiglia patriarcale-autoritaria. Qui è centrale, come dice Reich, la repressione sessuale:

” La strutturazione autoritaria dell’essere umano… avviene centralmente per mezzo dell’ancoraggio all’inibizione sessuale ed alla paura a fronte del materiale vivo delle pulsioni sessuali. Vale a dire… la sessualità viene esclusa dalle traiettorie naturalmente date della soddisfazione per mezzo del processo di repressione sessuale, spingendo in tal modo a percorrere vie di soddisfazione sostitutive di vario tipo. Ad esempio, l’aggressione naturale fino al sadismo brutale “.

Diese in Hinblick auf den deutschen Nationalsozialismus gemachten Beobachtungen treffen aber offenbar auch die Lebensrealität vieler Menschen in den krisengeplagten arabischen Ländern. Es ist nicht nur die bestialische Behandlung “erbeuteter“ Frauen durch Kämpfer des Islamischen Staates, in der sich der durch Sexualverdrängung konstituierte “brutale Sadismus“ äußert, auch die brutalen Übergriffe auf Frauen während des Aufstandes in Ägypten wurden durch diese sexuelle Frustration befeuert.

Queste osservazioni, fatte in riferimento al nazionalsocialismo tedesco, si applicano anche, ovviamente, alla realtà della vita di molte persone nei paesi arabi in crisi. Non è soltanto nel trattamento brutale delle donne “rapite” dai combattenti dello Stato Islamico che si esprime il “sadismo brutale” costituito dalla repressione sessuale, ma anche i brutali attacchi contro le donne nel corso del sollevamento in Egitto sono stati alimentati dalla medesima frustrazione sessuale.

Teilweise ist der in den vergangenen Dekaden zunehmende Verschleierungsdruck in vielen islamischen Gesellschaften auf die Wechselwirkung von ökonomischer Krisendynamik und krisenbedingter Islamisierung zurückzuführen. Der Islam verbietet strikt vorehelichen Sex, doch zugleich bringt die Krise der kapitalistischen Arbeitsgesellschaft eine Heerschaar ökonomisch überflüssiger junger Menschen im arabischen Raum hervor, die sich die Gründung einer Familie schlicht nicht leisten können. Die ideologisch durch den Islamismus aufgenötigte Sexualverdrängung führt somit angesichts der sich zuspitzenden Krise zu dem überschäumenden Hass auf Frauen, deren Anblick der Islamist nur unter Vollverschleierung ertragen kann, ohne von seinem zum bloßen Sadismus degenerierten Sexualtrieb übermannt zu werden.

In parte, l’aumento negli ultimi decenni della pressione all’uso del velo in molte società islamiche può essere attribuito all’interazione fra la dinamica di crisi economica e l’islamizzazione relazionata alla crisi. L’Islam proibisce rigorosamente il sesso prima del matrimonio, ma simultaneamente la crisi della società del lavoro capitalista produce nel mondo arabo un esercito di giovani economicamente superflui, che semplicemente non possono pagarsi il fondare una famiglia. La repressione sessuale ideologicamente imposta dall’islamismo, pertanto, davanti all’aggravarsi della crisi sfocia nell’odio esuberante verso le donne, la cui visione l’islamista riesce a sopportare soltanto sotto il velo che copre interamente il volto, senza essere dominato dalla sua pulsione sessuale degenerata fino al mero sadismo.

Die vom Islamismus angestrebte Verbannung der Frau aus dem öffentlichen Raum wird aber vor allem durch einen anderen Faktor angetrieben, der aus der gescheiterten kapitalistischen Modernisierung dieser peripheren Weltmarktregion resultiert. Die historische Durchsetzung des Kapitalismus ging mit der “Abspaltung“ all jener Bereiche der gesellschaftlichen Reproduktion einher, die nicht in dem Prozess der Kapitalverwertung aufgehen können, wie die Haushaltsführung und die Familienarbeit, die dann der Sphäre des “Weiblichen“ zugeordnet wurden. Die Familien- und Haushaltsarbeit wird bis zum heutigen Tage als wertlos angesehen, da sie keinen Wert schafft, nicht unmittelbar Teil des Verwertungsprozesses des Kapitals ist. Die Sphäre der wertbildenden Arbeit war hingegen bis weit ins 19. Jahrhundert ausschließlich männlich determiniert, der “harte“ und rationell handelnde Mann hatte sich als Ernährer auf dem Markt zu behaupten, während der Frau die Sphäre des Privaten, des Irrational-Sinnlichen und der Hege und Pflege zugewiesen war. Diese Scheidung zwischen männlich-öffentlicher Sphäre der wertbildenden Arbeit (sowie der Politik, Kunst und Wissenschaft) und der weiblich-privaten Sphäre der “wertlosen“ Arbeit bildete die Grundlage der Frauendiskriminierung in den kapitalistischen Ländern, die ja erst in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts zumindest formell aufgehoben werden konnte (Frauenwahlrecht).

La messa al bando delle donne dallo spazio pubblico attuato dall’islamismo, tuttavia, riceve impulso soprattutto da un altro fattore, che è l’effetto del fallimento della modernizzazione capitalista di questa regione periferica del mercato mondiale. L’imposizione storica del capitalismo è stata accompagnata dalla “dissociazione” di tutte quelle sfere della riproduzione sociale che non potevano venire assorbite nel processo di valorizzazione del capitale, come la cura della casa e le attività domestiche, che sono state perciò attribuite alla sfera del “femminile”. Il lavoro domestico e familiare è a tutt’oggi considerato senza valore, dal momento che non crea valore, non è direttamente parte del processo di valorizzazione del capitale. La sfera del lavoro creatore di valore, al contrario, è stata determinata fino a quasi tutto il 19° secolo come esclusivamente maschile; l’uomo “duro” e che agisce razionalmente deve affermarsi come capofamiglia sul mercato, mentre alla donna veniva attribuita la sfera del privato, del sensuale-irrazionale e del curare. Questa scissione tra sfera pubblica maschile del lavoro creatore di valore (così come della politica, dell’arte e della scienza) e la sfera privata femminile del lavoro “senza valore” ha costituito la base della discriminazione delle donne nei paesi capitalisti, che soltanto nella prima metà del 20° secolo si è riusciti a superare, almeno formalmente (suffragio femminile).

In der mittelalterlichen patriarchalen Familie – die ja zu gut 90 Prozent eine Bauernfamilie war – bestand ebenfalls eine Arbeitsteilung zwischen Ehemann und Ehefrau, doch waren ihre Tätigkeiten gleichermaßen auf die direkte Bedürfnisbefriedigung gerichtet und nicht auf die Akkumulation von Kapital. Die Kategorien des Werts und der abstrakten Arbeit gab es schlicht und einfach nicht, weshalb die weiblichen Tätigkeiten auch nicht herabgesetzt werden mussten. Die Dämonisierung der Frau, des Sinnlich-Weiblichen setzte in Europa denn auch erst in der frühen Neuzeit ein, im Gefolge des Zusammenbruchs der mittelalterlich-ständischen Gesellschaftsverfassung und des Aufkommens erster Ansätze der kapitalistischen Wirtschaftsweise, die eben diese für die damaligen Menschen ungeheuerliche und unverstandene Abspaltung der Sphäre des Weiblich-Privaten von dem aufkommenden Regime der Kapitalverwertung mit sich brachte. Die Dämonisierung der Frau äußerte sich in dem Hexenwahn, der Europa und Nordamerika vom 16. bis zum 18. Jahrhundert im Würgegriff hielt, und dem Zehntausende von Frauen und Mädchen zum Opfer fielen. Zentral war bei nahezu allen zumeist von weltlichen Gerichten geführten Prozessen die Anschuldigung, die angeblichen Hexen hätten mit dem Teufel oder Dämonen Sexualverkehr praktiziert, um ihre “übernatürlichen Kräfte“ zu gewinnen. Und es war gerade die halluzinierte Anwendung eben dieser weiblich-dämonischen Kräfte, die für das Chaos verantwortlich gemacht wurde, in dem sich die in Systemtransformation begriffenen, frühneuzeitlichen Gesellschaften befanden.

Nella famiglia patriarcale medievale – che in più del 90% dei casi era di fatto una famiglia di contadini – esisteva anche una divisione del lavoro fra marito e moglie, ma le loro attività erano ugualmente volte alla soddisfazione diretta delle necessità, e non all’accumulazione di capitale. Le categorie del valore e del lavoro astratto, puramente e semplicemente non esistevano, ragion per cui anche le attività femminili non dovevano essere sminuite. La demonizzazione della donna, del femminile sensuale, venne conosciuta in Europa solo all’inizio dell’era moderna, sulla scia del collasso dell’ordine sociale feudale medievale e della nascita dei primi inizi dell’economia capitalista; fu solo questa a portare con sé la dissociazione, mostruosa ed incompresa per le persone di quel tempo, della sfera del privato femminile relativamente al regime emergente della valorizzazione del capitale. La demonizzazione delle donne si espresse nella caccia alle streghe, che dominò con mano di ferro l’Europa e l’America del Nord dei secoli dal 16° al 18°, e di cui furono vittime decine di migliaia di donne e ragazze. Centrale, in quasi tutti i processi che in maggioranza si svolgevano in tribunali secolari, era l’accusa per cui le presunte streghe avevano praticato relazioni sessuali con il diavolo, o con demoni, al fine di ottenere i loro “poteri soprannaturali”. Ed era proprio l’allucinata applicazione di queste demoniache forze femminili a venire incolpata del caos in cui si trovavano le società proto-moderne in via di trasformazione sistemica.

Keine andere Anschuldigung bringt eine Frau im heutigen Afghanistan, Libyen oder Saudi-Arabien stärker in Lebensgefahr, als die des außerehelichen Geschlechtsverkehrs. Die Systemtransformation zu Kapitalismus und Weltmarkt, die in Europa blutige Jahrhunderte in Anspruch nahm, brach in der Peripherie mit der Intensität einer Naturkatastrophe ein, sie vollzog sich in weitaus kürzerer Zeit (wenige Dekaden) – und sie hatte einen weitaus höheren ideologischen Legitimitätsdruck zur Folge, bei dem traditionell-patriarchale Strukturen mit dem “neuartigen“ kapitalistischen Vergesellschaftungsformen – und der damit einhergehenden Abspaltung der weiblich konnotierten, der Kapitalverwertung unzugänglichen Lebensbereiche – in Übereinstimmung gebracht werden mussten.

Oggi, non ci sono accuse che possano mettere in maggior pericolo di vita una donna in Afghanistan, in Libia, o in Arabia Saudita, di quanto possa fare un’accusa di relazioni sessuali extra-coniugali. La trasformazione sistemica verso il capitalismo e verso il mercato mondiale, attuata in Europa nel corso di secoli sanguinosi, ha colpito la periferia con l’intensità di un disastro naturale, completandosi in molto meno tempo (alcuni decenni), con la concomitante dissociazione delle sfere della vita connotate con il femminile e senza accesso alla valorizzazione del capitale – ed ha avuto, di conseguenza, una pressione ideologica per la sua legittimazione molto più elevata, pressione di fronte alla quale le strutture patriarcali tradizionali dovevano essere rese conformi alle “nuove” forme capitaliste di socializzazione.

Der große historische Unterschied zwischen Europa und Arabien besteht darin, dass die kapitalistische Modernisierung zwischen Hindukusch und Atlasgebirge gescheitert ist. In diesen krisengeplagten Ländern, die oftmals schon von Staatszerfall ergriffen sind, wird sich keine funktionierende kapitalistische Arbeitsgesellschaft mehr etablieren, die einer Säkularisierung dieser Gesellschaften Vorschub leisten könnte. Das Scheitern der Modernisierung und die damit um sich greifende Krisendynamik führen somit zu einer Verhärtung der islamistischen Krisenideologie und der regelrechten Tabuisierung des Weiblichen: Als ob die Totalverschleierung und totale Verbannung der Frau aus dem öffentlichen Leben es den Männern trotz der Weltkrise des Kapitals ermöglichen würde, sich noch als selbstherrliche Marktsubjekte zu betätigen.

La grande differenza storica fra l’Europa e l’Arabia consiste nel fatto che la modernizzazione capitalista fra l’Hindi Kush e le Montagne dell’Atlante ha fallito. In questi paesi colpiti dalla crisi, che spesso sono già stati colpiti dallo sgretolamento dello Stato, non va ormai più a stabilirsi nessuna società capitalista del lavoro funzionale, capace di promuovere la secolarizzazione di queste società. Il fallimento della modernizzazione e la dinamica di crisi che si diffondono porta anche ad un indurimento dell’ideologia di crisi islamista e ad un autentico tabù del femminile: come se l’occultamento totale e la totale messa al bando della donna dalla vita pubblica permettessero agli uomini, nonostante la crisi globale del capitale, di continuare ad operare come soggetti autocratici del mercato.

In der barbarischen Gegenwart islamistischer Ideologie und Praxis findet der kapitalistisch-liberale Westen somit die Echos seiner eigenen blutgetränkten Vergangenheit. Mehr noch: Der barbarische Kern kapitalistischer Vergesellschaftung kommt im extremistischen Islamismus wie im Rechtsextremismus zum Vorschein. Auf die Gräuel des Islamischen Staates blickend, schaut die westliche Wertegemeinschaft in den Spiegel. Nichts wäre verkehrter, als den von beiden extremistischen Seiten proklamierten „Kampf der Kulturen“ für bare Münze zu nehmen. Die westliche Kultur stellt keinen positiven Gegenpol zum dschihadistischen Wahnsinn dar. Die liberalen westlichen Zentren des kapitalistischen Weltsystems schwitzen in der gegenwärtigen Systemkrise sowohl den Rechtsextremismus wie den Islamismus aus.

Nel barbaro presente dell’ideologia e delle pratiche islamiste, l’Occidente liberale capitalista trova, pertanto, echi del suo passato sanguinoso. Per di più: il nucleo barbaro della socializzazione capitalista viene a galla nell’islamismo estremista così come nell’estrema destra. Riflessa negli orrori dello Stato Islamico, la comunità occidentale del valore si vede allo specchio. Non ci potrebbe essere niente di più sbagliato che credere piamente nello “scontro di civiltà” proclamato dagli estremisti di entrambi i lati. La cultura occidentale non è il polo positivo opposto alla follia jihadista. Nell’attuale crisi sistemica, i centri occidentali liberali del sistema capitalista distillano sia l’estrema destra che l’islamismo.

Offensichtlich ist dies, wie eingangs dargestellt, auf der geopolitischen Ebene, wo die politische, finanzielle oder militärische Unterstützung des Dschihadismus seit den 80er Jahren des 20. Jahrhunderts – als islamistische Fundamentalisten mit Unterstützung des Westens in den Heiligen Krieg gegen den gottlosen Kommunismus in Afghanistan zogen – zum Fundus westlicher Geopolitik gehört. Ein gewisser Osama Bin Laden hat seine ersten militärischen Erfahrungen unter den Fittichen der CIA in Afghanistan machen können. Saudi-Arabien, das wohl brutalste fundamentalistische Regime der Welt, ist ein enger Verbündeter des Westens, der mit milliardenschweren Waffenlieferungen hochgerüstet wird.

Ovviamente, come si è detto all’inizio, sul piano geopolitico l’appoggio politico, finanziario e militare al jihadismo fin dagli anni 80 del secolo scorso – quando i fondamentalisti islamici entrarono in Guerra Santa contro il comunismo ateo in Afghanistan, con l’appoggio dell’Occidente – fa parte della geopolitica dell’Occidente. Un certo Osama Bin Laden ha potuto fare la sua prima esperienza militare in Afghanistan sotto la tutela della CIA. L’Arabia Saudita, il regime fondamentalista più brutale del mondo, è un alleato stretto dell’Occidente, armato al livello più alto per mezzo di rifornimenti di armi per migliaia di milioni di dollari.

Doch es ist vor allem die von den Zentren ausgehende und die Peripherie verwüstende ökonomische Krise, die erst die Heerscharen ökonomisch überflüssiger junger Männer hervorbringt, die mangels Perspektiven bereit sind, sich dem Todeskult der Dischihadisten anzuschließen. Das mühselige Überleben in der Hölle der Zusammenbruchsökonomien Iraks, Syriens oder Afghanistans ist für immer mehr Menschen dermaßen unerträglich, dass sie bereit sind, dieses gegen die illusorische Aussicht auf ein jenseitiges Paradies zu tauschen.

Ma è soprattutto la crisi economica che promana dai centri e devasta la periferia che crea in primo luogo orde di giovani economicamente superflui che in mancanza di prospettive, sono pronti ad unirsi al culto di morte dei jihadisti. La difficile sopravvivenza nell’inferno delle economie al collasso dell’Iraq, della Siria o dell’Afghanistan è talmente insopportabile da renderli disposti a scambiarla con la prospettiva illusoria di un paradiso nell’altro mondo.

Schließlich sind die ideologischen und identitären Reflexe auf diesen Krisenprozess im Abend- wie im Morgenland sehr ähnlich gelagert. Es findet eine autoritäre Rückbesinnung auf die religiöse oder nationale Identität statt, die vorhandene nationale oder religiöse Anschauungen ins ideologische Extrem treibt und zu einer militanten Mobilisierung gegen äußere Feindbilder oder innere Abweichler führt. Der Islamismus ist somit – genauso wie der Rechtsextremismus – ein Produkt der Weltkrise des Kapitals.

Alla fine, i riflessi ideologici ed identitari di questo processo di crisi sono molto simili sia in Occidente che in Oriente. C’è un ritorno autoritario all’identità religiosa o nazionale, che spinge fino ad un estremo ideologico le idee nazionali o religiose esistenti e porta ad una mobilitazione militante contro i nemici esterni o i dissidenti interni. L’islamismo è quindi – proprio come l’estrema destra – un prodotto della crisi mondiale del capitale.

Appendice

Bibliografia

Tomasz Konicz , “Globalisierte Barbarei . Ein Versuch, das Phänomen ‘Islamischer Staat ‘ zu begreifen. “, Exit, 1 Dezember 2014 .

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Tomasz Konicz

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Medicina e stregoneria

streghe

 

 

Medicina e stregoneria
Immagini e passaggi tra medicina e stregoneria : Il  ” noce ” di Benevento .

 

I.
Antefatto

Con l’apertura degli archivi del Santo Uffizio , nel 1998 , da parte di Papa Giovanni Paolo II , si concludeva il lento processo iniziato nel 1881 con Papa Leone XIII che volle aprire agli studiosi l’ “ Archivio Segreto Vaticano “ . Il Cardinale tedesco Joseph Aloisius Ratzinger , nel 1998 Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede , divenuto poi Papa con il nome di Benedetto XVI il 19 aprile 2005 ( insiedato : il 24 aprile 2005 ) , ebbe a dichiarare che tale apertura si ispirava al ruolo , assegnato dal Santo Padre alla Congregazione , di promuovere e tutelare la dottrina sulla fede ed i costumi di tutto il mondo cattolico. Con tale apertura , si esprimeva sempre il Cardinale Ratzinger , si sarebbero date risposte agli studiosi , nelle loro legittime aspirazioni , e la Chiesa avrebbe servito l’uomo nell’aiutarlo a capire se stesso , leggendo senza pregiudizi la sua storia .

Le fonti del testo “ Medicina e stregoneria. Immagini e passaggi tra medicina e stregoneria  : Il  ‘ noce ‘  di Benevento ” sono abbastanza ampie, malgrado le perdite di documenti subite dagli archivi dell’Inquisizione romana in Belgio , Francia , Italia quale conseguenza del saccheggio subito dal Sant’Uffizio durante l’era napoleonica . Un carro pieno di documenti , nel tentativo di essere condotto in Francia , si capovolse nell’attraversare un fiume perdendo il prezioso carico di documenti .

Lo studioso Carlo Ginzburg ha evidenziato il divario socio- culturale che sovente separava l’accusata/o e l’inquisitore, chiedendosi se i documenti pervenuti e filtrati dalla classe colta del tempo , contenessero le reali affermazioni degli imputati e dei testimoni.

La “ Caccia alle streghe “ provocò, alla fine, la morte 1 milione di donne uccise dalla Chiesa , vittime della Santa Inquisizione Cattolica .

 

 

II.
La strega e il suo contesto sociale

L’etimologia della paola “ Strega” viene fatta risalire al termine greco “ strygx ” e “ strygòs “ ( corrispondente al latino “ striga” e “ stryx” ) e sta per “strige, barbagianni, uccello notturno ” , ma col passare del tempo avrebbe assunto il più ampio significato di ” esperta di magia e incantesimi “ . Nel latino medievale, il termine utilizzato era “ lamia” , mentre nelle varie regioni d’Italia il sostantivo che indica la strega variava a seconda della località : Masca o Maggia in Piemonte; Stria o Bàsura in Liguria; Borde in Toscana; Strìa, Maggia in Lombardia, Emilia, Trentino, Friuli-Venezia Giulia; Cogas, Stria, Brúscias o Maghiargia in Sardegna ; Strìa, Striga, Strigo in Veneto; Janara nel Sannio e nell’ Irpinia ; Mavara o Majara in Sicilia ; Magara in Calabria e Basilicata ; Masciáre a Bari e provincia; Masciáre o Chivàrze a Taranto e provincia ; Macàra nel Salento ; Stiara nella Grecìa Salentina ; Stroll’ca in Umbria ; Strolleca a Macerata e provincia .

Il termine greco “ strygx ” e “ strygòs” , che letteralmente significa ” animale notturno “ , succhiatore di sangue, ha attinenza con l’immaginario collettivo che appunto vedeva nella strega una entità che apparteneva alla notte , al volo , alla perpetrazione del male , in specie quello fatto a danno dei bambini .

Nella storia, la figura della strega è sempre esistita pur con immagini diverse :era sacerdotessa , sibilla , maga , con nomi come Cassandra , Circe , Cumana , Canidia , Medea ; la loro arte magica o divinatoria soddisfaceva il desiderio di sapere dell’uomo.

La strega del tardo medioevo e dell’era moderna è altra cosa : la coscienza e la paura trasformano una figura che non era stata mai brutta , cattiva , diabolica , in un nemico pubblico, in un attacco alla cristianità , tale ritenuto dalla società secolare e dalle istituzioni religiose .

La dea Diana ed il suo seguito di ” lamie ”  , o signore dei ludi notturni , con cavalcate , danze , banchetti e riti propiziatori, scompaiono dalla cultura popolare per far posto ad un cerimoniale diabolico, sacrilego, una idolatria al simbolo del male. La perpetrazione del male , la votazione al Maligno , l’abiura dei sacramenti , la profanazione di simboli religiosi, un abbrutirsi spirituale che nega le virtù e rifiuta i doni dello Spirito Santo , doveva essere compensato con dei poteri manipolanti la materia e gli eventi , messi a disposizione degli adepti dal diavolo stesso.

La figura della strega moderna ha un suo contesto storico – sociale particolare . Pur se il primo processo per stregoneria fu celebrato nel 1258 e la prima condanna fu comminata a Tolosa nel 1275, il periodo storico di riferimento della “caccia alle streghe ” sarà dall’inizio del XV secolo alla fine del XVIII secolo .

Intanto, nella seconda metà del XV secolo , alcuni avvenimenti produrranno effetti sulla storia umana , soprattutto nell’Europa , da un punto di vista politico , culturale , economico e sociale.

Nella seconda metà del ‘400 , la caduta dell’Impero romano d’oriente , l’invenzione della stampa, la scoperta del continente americano, la penetrazione ottomana nei Balcani, cambieranno non poco la geografia degli Stati europei , con ricadute sulla propagazione della cultura , specie se si considera quella greca e bizantina . L’Europa , a prescindere dalle guerre che la interesseranno, vive il suo risveglio rinascimentale ed una spinta propulsiva culturale, ma vivrà pure le contraddizioni di una mentalità religiosa troppo pervasa dal potere temporale, in continuo conflitto tra la predica del potere celeste e l’esercizio del potere terreno . La figura del Pontefice è dedita alle “ cose di Dio “ ed alle “ cose di Cesare ” , anche se queste ultime , qualche Papa le finalizza alla “ maggior gloria del Signore “ .

Il passaggio dal medioevo all’età moderna porta con sé dei cambiamenti , ma il retroterra culturale , economico , religioso sarà lo stesso , anzi per certi versi peggiorerà. La povertà , specialmente nelle campagne , regnerà in assoluto , e con essa l’ignoranza , la paura , la fame . Il contadino è in continua trepidazione per il raccolto che dipende unicamente dal buon andamento delle stagioni di riferimento , per cui la siccità , o la pioggia abbondante , le grandinate o le inondazioni dovute a straripamento dei fiumi , la perdita per decesso o ruberia di un animale da soma o da latte , come la mucca , l’asino , la capra , il tutto è vissuto come funzione di sopravvivenza .

Le condizioni igieniche non erano sicuramente accettabili : spesso una intera famiglia viveva in un unico locale con la presenza di animali domestici , che se non altro servivano ad alleviare i rigori del freddo negli inverni rigidi . L’alimentazione era povera di calorie e non sempre il pane era presente nel nutrimento quotidiano. La presenza endemica di malattie dovute alla scarsa alimentazione ed alle carenze igieniche decimavano continuamente la popolazione . E le cose non andavano meglio nelle aree urbane , dove la conglomerazione degli abitanti rendeva più carente la situazione igienica e la mancanza di condotte fognarie provocava scoli e rivoli a cielo aperto, e sia la pioggia che la siccità aumentavano il degrado e l’insorgere di malattie infettive.

La durata della vita media era molto bassa per non parlare, poi, della mortalità infantile che nel primo anno di vita era altissima : per cui ci si sposava presto , quando la donna era appena entrata nella fertilità . E proprio la durata breve della vita di entrambi i generi , era una delle cause dell’alta proliferazione che comunque vedeva una bassa percentuale di sopravvivenza nei primi anni di vita .

La natura e le sue leggi avevano il loro peso , così come le relazioni sociali del vivere in comunità o in realtà non proprio affollate come le campagne , scandivano il rito del vissuto quotidiano ; paura diffidenza , superstizioni , riti propiziatori e cerimonie avevano la loro collocazione particolare.

Nelle città , avvenivano le processioni con Santi specifici che avrebbero dovuto proteggere il raccolto delle campagne , dal cui andamento dipendeva il loro approvvigionamento futuro .

La Chiesa affidava alle diocesi la salvaguardia delle anime , il potere secolare spesso era presente solo con le guerre che intraprendeva con altri Stati. Il clero , purtroppo , non sempre era all’altezza del suo ruolo , spesso la sua scelta di esercizio spirituale non era stata vocazionale , ma una necessità , una necessità dettata dalle esigenze della vita d’origine e la scelta lasciava sperare almeno in una esistenza meno magra e non di fame . La sua formazione culturale era bassa e la preparazione carente ma bastava la sua osservanza alle direttive del vescovo , che spesso cadetto di una famiglia nobile invece di indossare l’uniforme aveva preferito i paramenti sacri , certamente meno rischiosi.

La medicina era di tipo “galenico” e spesso la figura del farmacista che preparava la ricetta era costituita da qualche donna che conosceva le proprietà di talune erbe . Questa donna era, quasi sempre, la “ fattucchiera del villaggio o del contado “ e che all’occorrenza si trasformava anche in levatrice , o mammana , nell’aiutare le partorienti . Il medico per lo più era presente a “ corte “ e sovente, quando sbagliava diagnosi o cura , cosa che capitava spesso , ed il malato passava a miglior vita , addebitava la causa del decesso a fattori esterni e non implicanti le sue capacità. La colpa era da ricercarsi in qualche maleficio , o ” fattura ” , o atto di magia nera , operato da persone dedite al male , e quasi sempre donne.

All’inizio del ‘500 e di buona parte del ‘600 , la cupezza del vissuto quotidiano di inizio ‘500 e di buona parte del ‘600 era appesantita dalle continue guerre combattute soprattutto con l’impiego di truppe mercenarie provenienti da altre località . Questo , insieme alla devastazione dei raccolti ed alla permanenza dei caduti in battaglia su terreni che rimanevano incolti , favoriva il propagarsi di carestie , di epidemie , saccheggi . Per cui , prima le guerre d’Italia d’inizio secolo e poi l’aspra contesa tra la Spagna di Carlo V e la Francia di Francesco I , che durerà per buona metà del primo cinquantennio e non terminerà con la morte dei due protagonisti , favoriranno il verificarsi di momenti di crisi .

 

III.

La lotta alla superstizione

Il termine “ Superstizione “ vuol dire tante cose e ha dei riferimenti di contenuto ampi e numerosi : residuo, credenza, idolatria , divinazione , ed altro . E’ stato sant’ Agostino d’Ippona ad avere il maggiore influsso nelle definizioni e negli atteggiamenti della Chiesa nei confronti della superstizione . Per sant’ Agostino d’ Ippona , superstizione è sostituire il Dio cristiano con un altro , e perciò essa va condannata in quanto viola il principale dei comandamenti : il “ non avrai altro Dio all’infuori di me “. Sant’ Agostino d’Ippona influenzò molto il pensiero cristiano , almeno fino a san Tommaso d’Aquino: assimilare la superstizione all’idolatria , al permanere di credenze assegnate ad altre religioni, tutte pagane , è riassuntivo della critica che la Chiesa riserva alla superstizione . Ma sant’ Agostino d’Ippona ebbe anche un altro ruolo determinante per il cristianesimo : egli mise in relazione la superstizione con il culto del diavolo , aprendo la strada al culto diabolico.

Nel 1233 il Papa Gregorio IX con la bolla “ Vox In Rama “ , verso la fine della crociata contro i catari , che si protrarrà fino all’inizio del XIV secolo , nel descrivere i presunti comportamenti di queste sette – raduni notturni degli adepti con l’apparizione di strani animali informi , rospi , gatti ed uomini misteriosi , con il continuo di orge ed accoppiamenti senza distinzioni di sesso – gettò le basi di costruzione di un canone interpretativo che avrebbe avuto un ruolo forte nella caccia alle streghe a seguire . I Papi Alessandro IV e Bonifacio VIII cercarono di arginare il fenomeno persecutorio ponendo un freno interpretativo alla magia , non confondendola con l’attività ereticale e non facendone oggetto dell’ Inquisizione , a meno che gli atti esaminati non fossero stati assimilati nella pratica di eresia . Ma ormai il seme della paura e dell’odio era germogliato ed era pressoché impossibile discernere tra pratiche magiche e comportamenti ereticali .

Ed a dimostrazione di ciò ci saranno le accuse di negromanzia contro Bonifacio VIII da parte del re Filippo il Bello , l’azione di annientamento nei confronti dei Cavalieri Templari , e l’azione inquisitoria con relativi processi contro i catari da parte di Jacques Fournier , diventato poi Papa Benedetto XII.

Dopo la crociata contro i catari , la pratica della magia entra nell’uso politico di essa . Per Alain Boureau, c’è un momento in cui almeno simbolicamente , il problema del rapporto con il diavolo muta in modo sensibile. Tale momento andrebbe individuato negli anni venti del ‘300 con la bolla di Giovanni XXII “ Super illius specula “ , nella quale il Pontefice bollava d’infamia quanti stipulavano un patto con l’inferno e tramite esso adoravano i demoni e praticavano malefici servendosi di oggetti ed immagini . La bolla di Giovanni XXII equiparava eresia a magia , andando contro sant’ Agostino d’Ippona che dieci secoli prima aveva mirato a tenere distinte le pratiche superstiziose da quelle ereticali.

Durante la Guerra dei Cent’anni ( 1337-1453 ) eresia e magia divennero sinonimo. E’ pur vero che verso la metà del ‘400 non sono mancate voci autorevoli richiamanti alla prudenza nel sovrapporre eresia a magia ed a fare delle distinzioni , come Giordano da Bergamo , Girolamo Visconti e soprattutto il canonista senese Mariano Soccini . Ma ciò non ha evitato che in alcune regioni , come quella di Arras in Francia , si verificasse una caccia alle streghe provocata da una psicosi collettiva e dagli inquisitori . Nella stessa Arras , per ricomporre la frattura sociale riferita a paura e sospetti, dovette intervenire il Duca Filippo il Buono ed il Tribunale di Parigi dovette rivedere alcuni processi di stregoneria .

Questa tregua dura poco e tempi infinitamente peggiori si stavano avvicinando : a fine ‘400 la bolla di Innocenzo VIII, “ Summis desiderantes ” ( 1484 ) e nel 1486 il “ Malleus Maleficarum ” di Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger , due frati domenicani tedescohi, stavano per dare inizio ad una caccia violenta alle streghe . Il testo di Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger era un manuale inquisitoriale che spiegava come procedere nella lotta alla stregoneria superando in procedura e metodologia il più cauto “ Canon Episcopi ” comparso nell’opera del benedettino tedesco Regino di Prüm, il “ De synodalibus causis et disciplinis ecclesiasticis “ , risalente al 906, che era stato un guida per i Vescovi nel combattere la stregoneria.

La trattatistica a ciò riferita a cavallo tra ‘400 e ‘500 , riporta il pensiero dominante che quanto di criminoso e diabolico compiuto dalle streghe in combutta con il diavolo fosse totalmente diverso da quanto riportato dai canonisti nei loro testi precedenti.

All’inizio dell’XI secolo , atteggiamenti , pensieri trasgressivi , comportamenti , false credenze o partecipazione a pratiche di superstizione delle cui false illusioni erano vittime soprattutto le donne, tutto era punito nell’ambito del confessionale con pene che andavano da preghiere o digiuni di pochi giorni a periodi molto più prolungati. Praticare un rito magico poteva comportare un digiuno infrasettimanale della durata anche di due anni. Per la verità , in fatto di tolleranza in determinate credenze , le cose stavano peggiorando già da qualche tempo , e, con preponderanza , la figura femminile andava assumendo sempre più una determinante funzione della paura nell’arte della stregoneria.

Il già menzionato “ Canon Episcopi “ nell’ istruire i Vescovi a riportare i fedeli sulla retta via , raccomandava di fare attenzione a donne , depravate ed ignoranti , che prestando attenzione a Satana rimanevano vittime delle sue insidie e false illusioni e affermavano che nottetempo al seguito di Diana , o Erodiade , compivano lunghi percorsi in brevissimo tempo , ed in compagnia di altre figure femminili , tutte asservite alla dea pagana , si spostavano volando e assumendo a volte dimensioni diverse dalle solite. Tutto questo, seguitava il ” Canon Episcopi ” , era paganesimo ed idolatria e frutto delle manipolazioni della mente che il diavolo esercitava sulle sventurate.

Ma è nel 1484 , con l’Inquisizione già operante , che Papa Innocenzo VIII , con riferimento a notizie pervenute dalla Germania , e precisamente nelle zone di Magonza , Colonia , Treviri , Salisburgo , Brema, dove c’erano risultanze di uomini e donne dediti a riti nefasti in idolatria al demonio , malefici operati verso bambini , cerimonie diaboliche con rifiuto della grazia del battesimo, dà pieno mandato agli inquisitori Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger , ad operare con ampi poteri di inchiesta , condanna e punizione nei confronti di quanti nelle zone predette fossero dediti ai crimini citati.

Ormai la figura biblica del diavolo trovava forte proiezione nella figura della strega moderna , ingenerando un panico nei vari strati sociali e nell’immaginario collettivo ma creava anche un forte collante contro la povera gente da parte del potere secolare e della Chiesa .

 

IV.

Eresia e stregoneria

Con il termine “ Eresia “  si è soliti indicare ogni dottrina o dogma contrari alle verità assolute della Chiesa ; essa è ritenuta quindi la negazione di parte o di tutta la dottrina della Chiesa Cattolica .

La Chiesa Cattolica , soprattutto dopo la riforma di Lutero, elaborò dei prontuari per la classificazione di eretici ed eresie. La deviazione dalla retta fede è un problema che per il cristianesimo si presenta fin dalle origini e lo stesso Matteo , in un passo del suo Vangelo ( la “ Parabola della zizzania “ ) , giustifica la lotta nei suoi confronti . Essa sarà trattata nei vari concili ecumenici e quando il cristianesimo diventa religione ufficiale dell’Impero , avrà anche valenza politica .

Le eresie più antiche erano riferite alle persone della “ Trinità “ , alla loro natura , ed alla divinità di Cristo. L’arianesimo , da Ario presbitero di Alessandria , era una di queste e negava in Gesù la partecipazione divina del Padre . Con i concili di Nicea ( 325 ) di Efeso ( 431 ) e di Calcedonia (451) la Chiesa precisò i dogmi relativi alla Trinità ed alla divinità del Cristo . Nel tardo medioevo vanno ricordati i movimenti ereticali degli Albigesi e dei Catari , anche se i primi sono da considerarsi una frangia dei secondi .

Relativamente ai Catari , il termine deriva dal greco “ cataros “ che vuol dire “ puro” . Il movimento fu favorito da un senso di inquietudine spirituale legato ad un desiderio di ritorno ad una Chiesa delle origini non impregnata di corruzione . Il movimento si rifaceva alla volontà di una forte partecipazione ed adesione alle Sacre Scritture ed a quanto insegnato dal Vangelo . Il catarismo andava interpretato come l’apice di una esigenza di cambiamento e rinnovamento che la Chiesa , timorosa di una destabilizzazione , volle porre fuori con l’accusa ereticale.

Normalmente era la Chiesa a perseguire direttamente le eresie , tramite il tribunale dell’ Inquisizione che comminava pene con il concorso dell’Autorità civile , o ” braccio secolare “ . Vanno ricordate in tal senso le pene comminate alle sette ereticali dell’ Ordine degli Apostoli e dei Dolciniani, – seguaci di frà Dolcino .

Un po’ alla volta , le condanne da eresia vennero comminate non soltanto a chi rifiutava i dogmi della Chiesa , ma anche a chi si ribellava alla corruzione degli ecclesiastici e a chi praticava in modo illecito l’ alchimia. Nel perseguire i movimenti ereticali , la Chiesa non si risparmierà , tramite i suoi Vicari di Cristo sulla terra , nell’emanare bolle e nel munire di speciali poteri inquisitoriali i suoi delegati a tale ufficio. Non mancherà, poi, l’uso politico che di questi poteri si farà , e ci si riferisce all’ Inquisizione Spagnola e Portoghese ( esse saranno autonome da Roma ) ed alla diversa ricaduta che in questi Stati assumerà la caccia alle streghe , in termini di vittime della persecuzione ( nel periodo caldo della caccia alle streghe , le vittime saranno molto inferiori che nel resto d’Europa ) .

In un passaggio precedente si è accennato alla sovrapposizione che l’eresia avrà nei confronti della stregoneria , nel senso che tale sovrapposizione o assimilazione produrrà degli effetti nefasti nella lotta alla superstizione. L’eresia aveva , come suo epilogo di inosservanza o abiura dell’ortodossia cattolica , uno sbocco che , nella mente dei teologi , conduceva inevitabilmente alla negazione della vera fede sconfinando nell’ambito del nemico di Dio , quindi di Satana.

Allontanarsi da Dio significava avvicinarsi al diavolo , e questo andava contrastato in ogni modo anche con la purificazione del fuoco , in assenza di abiura delle idee ereticali e come monito per le altre pecorelle in procinto di staccarsi dal proprio pastore.

E la stregoneria , dunque non più magia o arte divinatoria o magia bianca , ma piuttosto magia nera prevedeva nella sua manifestazione fenomenologica il patto diabolico. Quindi andava estirpata : le cause erano le stesse , si dava spazio al maligno per operare contro Dio , in pensieri , parole , ed opere , ed anche gli effetti erano gli stessi , la purificazione e la separazione delle menti e dei corpi pervasi dal male da un contesto sociale dove potevano propagare il male ed il peccato.

L’ apostasia , cioè il rifiuto della grazia sacramentale del battesimo , sia praticata con l’allontanamento e la rinuncia della vera fede , sia posta in essere con lo stipulare un patto con il diavolo al fine di produrre effetti malefici sugli uomini e sulla natura , accomunava l’eresia e la stregoneria , e di entrambe , come già detto , si fece anche un uso politico considerando eretici e streghe nemici della cristianità e dell’ordine costituito.

A poco servirà la distinzione che prima si era soliti fare tra ” magia bianca ”  e  ” magia nera ”  : la prima era a volte utilizzata con buone intenzioni verso il prossimo come semplice divinazione o predizione del futuro , usata a fin di bene nell’ alleviare sofferenze altrui o per annullare effetti malefici su cose e persone , con riti , preparati a base di erbe , giaculatorie e conoscenza dell’astrologia .

Vi era,  anche,  differenza tra la ” magia alta “  , o ” dotta “  , praticata da persone colte e bene introdotte negli ambienti di corte e la ” magia bassa “  praticata dalle popolane , dal volgo , da coloro che si tramandavano un sapere fatto di conoscenze non empiriche che andavano dall’uso di erbe , ( le cosiddette ” erbe consolanti ” o ” analgesiche ” come la camomilla , la valeriana , il biancospino e soprattutto l’erba magica per eccellenza , la “ belladonna “ ) , a preghiere ed uso di simbolismi religiosi . L’ erba di belladonna trae il nome dal fatto che fossero appunto le belledonne o maghe a saperla distinguere dalle altre erbe e a conoscerne gli effetti ed il suo giusto dosaggio come infuso , in quanto una dose eccessiva di essa , somministrata , procurava il decesso del malcapitato. Ed a proposito della belladonna è interessante il nesso che si farà delle sue proprietà , come unguento – oggi ” atropa belladonna ” – , con gli effetti allucinogeni provocati su chi ne faceva uso .

Si è fatto cenno al tipo di figura femminile della strega , era spesso una donna sola , non sposata o vedova , che viveva sovente al margine del bosco dove si addentrava spesso in cerca di erbe o di qualche particolare tipo di erbe , non necessariamente brutta , anche se l’immaginario collettivo la vedeva con particolari tratti somatici , evidenti in tante raffigurazioni che di essa sono state fatte .

A volte, era la vicina di casa alla quale era stato rifiutata della legna da ardere nelle giornate di freddo oppure del sale o dell’olio o ancora una mendicante alla quale si era negato un tozzo di pane ; e tutti questi dinieghi venivano ricordati quando a distanza di giorni o di mesi , capitava una grandinata che rovinava il raccolto , o qualche animale da campo che all’improvviso moriva o quando e purtroppo non di rado capitava , qualche neonato durante la notte nel sonno moriva soffocato dal peso della madre che , per l’esiguità dello spazio abitativo , era costretta a tenerlo con sé nell’unico letto. Dare la colpa di questi eventi tristi al maleficio della vicina o della mendicante di passaggio , era cosa che prendeva sempre più piede. Ma il maleficio , se considerato isolato da altre credenze o fenomeni , pur se deprecato e oggetto di persecuzione era manchevole di quel di più che lo assimilava completamente alla stregoneria.
Purchè ci fosse la caccia alle streghe al maleficio perpetrato e posto in atto andava affiancato il satanismo , cioè il patto diabolico . In “ La caccia alle streghe in Europa “ , Brian Levack , elenca ( come si vedrà in avanti ) quattro elementi cumulativi che sussistono nel concetto e nella persecuzione della stregoneria.

 

1 . Il diavolo

La cultura sulla stregoneria riteneva il diavolo la fonte della magia praticata dalla strega , il suo alleato nell’operare il male , il suo riferimento di adorazione. Nella ” Bibbia ”  lo troviamo con il nome di Satana , l’avversario di Dio , con un ruolo marginale se si fa salvo il suo servirsi del serpente per ingannare e sedurre la prima figura femminile della Bibbia.

Nel libro delle ” Cronache ” del  Vecchio Testamento  , assume una figura più di rilievo , come nemico di Dio ed incarnazione del male. Per tutto il medioevo, il diavolo è visto come l’antitesi di Cristo , colui che seminava ed insegnava l’odio e non l’amore . Gli venivano attribuiti poteri , come quello sulla materia , e raffigurazioni particolari come anche il prendere possesso di qualche corpo per il suo piacere di operare il male.

La ” Scolastica ” , ritenuta la scuola filosofica per eccellenza durante il medioevo , contrasta queste convinzioni rimettendo tutto al volere ed al potere di Dio , unico detentore del potere sulla materia ed anche unico arbitro ad autorizzare il diavolo nell’operare il male. Il diavolo aveva sì dei poteri , che gli derivavano dal suo antico essere angelo , ma poteva manipolare la mente , creando false immagini ; la materia era un campo di azione a lui non concesso .

Ad inizio dell’età moderna , o meglio nel corso del secolo XV , con i primi processi alle streghe , gli si incomincia ad attribuire un potere in ascesa . Non lo si considera più soltanto l’antitesi di Cristoma l’antitipo di Dio Padre , come fonte di idolatria e falsa religione. Una delle cause all’origine di tale trasformazione , si legge nel libro “ La caccia alle streghe in Europa “ di Brian Levack, era dovuta all’insistenza da parte della tarda Scolastica , a rimarcare più i dieci comandamenti che non i sette peccati capitali quale fondamenta dell’etica cristiana : quindi non confronto con Cristo figura del Nuovo Testamento , ma ritorno al nemico di Dio del Vecchio Testamento. E già si è detto in precedenza che l’abiura del primo comandamento , il “ Non avrai altro Dio al di fuori di me “ , sarà alla base dell’accusa di stregoneria e di idolatria.

 

2. Il patto con il diavolo

In alcuni scritti di sant’ Agostino d’Ippona si trovano riferimenti alla credenza che un essere umano possa stipulare un patto con il diavolo . Esso era un accordo simile ad un contratto giuridico , con volontà dei contraenti , il diavolo e l’uomo , di scambiarsi qualcosa . La ricchezza , il potere , o la pratica magica , andavano all’uomo , la sottomissione terrena e l’anima dopo la morte erano del diavolo.

A partire dal IX secolo e fino al XIII , si ritiene che non esistesse pratica di magia senza che fosse stato stipulato un patto con il maligno e nel senso che era appannaggio di una persona colta , ed il mago era ritenuto tale , stipulare un contratto sulla base di uno scambio ( equo ? ) , se tale può essere considerato da un punto di vista giuridico.

La traduzione , nel XIII secolo , di testi di magia greci ed islamici aumentò la pratica di quell’arte con rigidità di condanna da parte degli autori ecclesiastici . Ma se nel periodo considerato, per il pensiero teologico c’era il nesso tra la pratica di magia ed un patto con il maligno, e non poteva essere altrimenti considerata la portata di ciò che il mago chiedeva di operare , a partire dal XIV secolo il mago non era più soltanto apostata ma anche eretico , e l’accusa di eresia implicava l’intervento dell’ Inquisizione . Ma c’è di più : se la magia era praticata da una persona colta , anche se implicante l’accusa di eresia e apostasia , al contrario la stregoneria , secondo il pensiero della Scolastica prima maniera , era sì sinonimo di maleficio , ma rimaneva nell’alveo dell’ignoranza contadina e rurale .

Per il pensiero teologico, non si era ancora in presenza di una stregoneria che implicava il patto con il diavolo consapevolmente voluto e cercato. Nel momento in cui il mago viene equiparato anche a strega , muta sia il concetto del patto diabolico sia la valenza della stregoneria contadina . Il mago perde terreno nel contrarre il patto , egli non è più la persona dotta che nello scambio con il diavolo cerca di ottenere più di quello che dà , dal controllo della forza malefica passa a servo di essa. La strega , che la Scolastica aveva ritenuto come soggetto adatta solo al maleficio , rientra insieme al mago tra coloro che con il patto diabolico addivengono apostati ed eretici . Il mago quindi perde la sua valenza iniziale nel rapporto diabolico e trascina nel baratro del suo peccato e nella sua nuova dimensione di strega anche chi prima , per la sua ignoranza , non era ritenuto capace di stipulare un patto , seppur diabolico.

3 . Il sabba

Sia il clero che la cultura alta dell’ Europa del primo ‘500 , erano convinti che le streghe stringessero un patto con il diavolo , e questo già si è detto che fu una peculiarità che coinvolgeva anzi procedeva da chiunque praticasse la magia , fosse essa bianca o nera , alta o bassa , potendosi quindi dire che il termine strega conteneva ed aveva valenza unica sia per il mago dotto del passato che per la fattucchiera rurale del periodo di riferimento.

Ma c’era un’altra credenza di cui erano convinti sia il clero che l’élite colta dell’epoca e che sussisteva necessariamente laddove si pensava si stesse in presenza di un patto diabolico : era la credenza che le streghe partecipassero a raduni collettivi durante i quali si adorava il diavolo e si dava corso a riti blasfemi , orge e comportamenti dissacranti. Tali raduni , definiti ” sabba “ , erano perseguibili , alla stregua del patto diabolico, potenziando la caccia alle streghe da parte delle autorità europee . La ricerca dei complici dei partecipanti al sabba , pur se tale credenza ebbe meno diffusione della credenza nel patto , funse da moltiplicatore nella presunta identificazione degli adepti nella pratica della stregoneria

Nel testo ” La caccia alle streghe in Europa “ , Brian Levack ritiene che la caccia alle streghe in Europa sarebbe stata, senza la credenza nel sabba, un’azione giudiziaria meno significativa . Le due credenze , il patto diabolico della strega e la sua partecipazione attiva al sabba , nel pensiero e nella cultura europea del tempo avevano collegamento , ma avevano origini diverse , ed ebbero piena convergenza solo ad inizio ‘500 : lo stesso “ Malleus Maleficarum” di Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger , faceva ampiamente riferimento al patto diabolico e solo qualche accenno al sabba con il diavolo .

La credenza nel sabba ha origine sia psicologica che storica: l’origine psicologica fa riferimento ad incubi e fantasie su attività immorali e antiumane presenti in vari tipi di società . Ogni cultura ha prodotto, in un particolare momento storico , particolari capacità presenti in determinate persone , capacità e poteri ritenuti sovversivi ed anche un pericolo per il tessuto sociale della società.

La credenza in queste persone pone in essere la necessità di particolari norme da rafforzare o da produrre. I valori che queste persone sovvertirebbero potrebbero variare da società a società , ma di fronte a comuni valori morali e religiosi anche gli incubi prodotti possono avere degli aspetti in comune . Per cui sia l’ infanticidio cannibalistico che danze e raduni notturni di partecipanti completamente nudi , erano ritenuti comuni ai rituali di questi incubi così come erano ritenuti un oltraggio alla società ed alla morale religiosa .

La forte coloritura erotica del sabba , con rapporti sessuali con il diavolo e i comportamenti orgiastici omo/eterosessuali tra streghe, procede dall’atteggiamento antisessuale della Chiesa nell’ Europa di inizio ‘500 . E bisogna pure menzionare , come aggravante del sabba durante il suo svolgimento , le parodie dissacranti cerimonie e riti sacri della Chiesa , come la recitazione del Credo di Nicea a testa in giù , la consacrazione di ostie fatte di frattaglie varie , canti rozzi e stonati .

A loro volta , le confessioni delle streghe ( tali ritenute ) aiuteranno a presentare un’ immagine antisocietaria che avrà collegamento con quelle invettive retoriche che i frati riservarono agli eretici , catari e valdesi , che nel ‘200 e ‘300 erano ritenuti un serio pericolo nel propagare le loro dottrine . I frati , nel costruire quell’ immagine antisocietaria , si erano rifatti a fonti specifiche come quella riferita all’immagine che i romani si erano fatti delle riunioni segrete e notturne dei cristiani di origine e che , nel celebrare il rito dell’ eucaristia , richiamavano un frainteso collegamento con il cannibalismo. Anche la segretezza degli incontri , fattore comune ai primi cristiani ed ai movimenti eretici del periodo anzidetto , era considerata un’altra fonte di richiamo per il sabba. Anche l’immagine che gli autori della Patristica si erano fatta degli eretici, maghi ed ebrei , tutti ritenuti idolatri e figli di Satana , era un’altra fonte del sabba , e lo stesso dicasi per il contenuto dottrinario dell’eresia . Questa infatti , con riferimento al pensiero dualistico dei catari , accentuava i poteri del Diavolo , ritenuto incontrastato sovrano della materia , rapportandolo ad una quasi dimensione di Dio che era Supremo potere dello Spirito . Per i catari , la figura di Cristo era puro spirito , ed aveva fornito agli uomini i mezzi per realizzare in pieno una dimensione diversa.

Ma la loro enfatizzazione li aveva fatti sconfinare nell’ idolatria , così come la loro avversione alla procreazione , aveva alimentato la credenza in una reiterata pratica abortiva sfociante nell’infanticidio cannibalistico. Nel periodo compreso tra fine XII ed inizio XIII secolo lo stereotipo dell’eretico , per il clero , era questo : idolatra segreto , notturno e sessualmente promiscuo del diavolo . Da immagine limitata alla figura dell’eretico , verso la fine del medioevo però , essa verrà applicata indifferentemente al mago , ed alle streghe .

Ci si chiede : quando questa immagine verrà sovrapposta alla figura praticante la magia “ bassa e malefica” ? Per un breve periodo di tempo , si credette che ciò fosse avvenuto in Francia nel ‘300 , in occasione di alcuni processi contro i catari , da parte di inquisitori pontifici . Questi eretici erano ritenuti operatori di alcuni “ maleficia “ e gli inquisitori , forti della loro credenza sugli eretici , non faticarono molto ad equipararli ai “ malefici ” , trasformando quindi i catari in streghe . Le risultanze di quei processi evidenziano delle confessioni falsificate , per cui l’origine della convergenza della magia con la pratica segreta e collettiva dell’eresia ha un’altra fonte.

Tale connessione ha risultanze nel processo a carico di Alice Kytler e dei suoi complici , in Irlanda nel 1324-25 . L’accusa alla Kytler faceva capo a ” maleficia ” , fra cui numerosi omicidi commessi per avidità di ricchezza. Durante il processo le venne contestato anche l’appartenenza a sette ereticali con la pratica di convegni notturni , di abiura della fede cristiana e accoppiamenti con il diavolo.

Il processo sd Alice Kytler non evidenzia, però , il  concetto cumulativo di stregoneria ; mancava ancora qualche elemento qualificante di esso. Si è di fronte sì all’eresia , alla magia , ma vagamente si faceva riferimento al patto diabolico , ed il volo notturno non veniva menzionato . Ciò nondimeno , il processo ad Alice Kytler rappresenta un momento importante nell’ elaborazione di una nozione della stregoneria , in quanto rispecchia per la prima volta la credenza che i “ malefici ”  fossero organizzati da eretici idolatri.

Un altro caso simile è da ravvisarsi in un processo celebrato in Svizzera fra il 1397 ed il 1406 e l’accusato era un uomo , tale Stedelen , al pari di Alice Kytler imputato di “ malefici ” .  Stedelen , sotto tortura , confessa di appartenere ad una setta ereticale in adorazione del diavolo, con l’aggiunta di infanticidi ed abiura della fede cristiana . A differenza del processo contro la Kytler , con Stedelen non si è di fronte a magia praticata ai livelli superiori della società ma a magia popolare e praticata da gente comune , come lo sarà per tutte le streghe del ‘500 e ‘600.

L’ apostasia , quale rifiuto della grazia del battesimo, presente nei due processi menzionati , era stata formulata dai frati per descrivere la pratica eretica , ma in un periodo precedente ai due processi. Per cui è solo tra il XII e XIII secolo che c’ è il forte nesso tra eresia ed apostasia , al contrario dopo il ‘300 , gli eretici non appaiono più , nei trattati di eresia e in atti processuali , come gli autori degli eccessi descritti dai frati . Ciò che prima del ‘500 veniva addebitato totalmente agli eretici , con l’inizio del XVI secolo venne trasferito a carico di maghi e streghe ma con la progressiva azione di appesantimento nei confronti di quest’ultima di reati che prima erano addebitati al mago.

Si arriva così ad un ‘500 che configura man mano lo stereotipo della strega eretica che sostituisce lo stereotipo del mago eretico.

 

4. Il volo

L’ultimo elemento importante nel concetto cumulativo della stregoneria era la credenza che le streghe potessero volare. Tale elemento è da ritenere un corollario alla pratica del sabba in quanto la partecipazione ad esso comportava spostamenti considerevoli in termini di distanza senza che l’assenza dalle proprie abitazioni venisse notata . Quindi percorsi chilometrici ampi , con l’andata ed il ritorno dai luoghi di raduno , dovevano essere effettuati giocoforza con la convinzione di poter volare.

A prescindere dalla valenza della confessione in tal senso , come si sarebbe potuta spiegare altrimenti la partecipazione ad un sabba presso il famoso “ noce”  di Benevento da parte di streghe che abitavano in zone del Friuli o in zone della Germania ?

Va pur detto che la credenza nel sabba poteva sussistere anche senza il volo notturno , come avvenne in Scozia , ed anche la parte colta della società accolse la credenza nel volo quando il concetto che i ” malefici “ facessero patti diabolici , incontrandosi in raduni notturni, prese piede.

Anche lo strato basso della società conservava una memoria del volo delle streghe , a differenza del sabba e del patto diabolico , che veniva da tempi remoti. Essa aveva origine sia da una credenza che si fondava sulla metamorfosi notturna della donna in gufo o strige – animale volante che uccideva i bambini succhiandone il sangue – sia sulla partecipazione di alcune donne a cavalcate notturne in compagnia di Diana , la dea romana della fertilità e che era associata alla Luna e ad Ecate la dea della magia. Tra la gente del popolo questa credenza era molto forte e c’erano donne che affermavano che realmente la notte erano in grado di volare mentre altre affermavano di partecipare a scorribande in compagnia della dea Diana.

Se fino al ‘300 , lo strato colto della società aveva considerato tali credenze solo un effetto ingannevole del diavolo , all’ inizio del XIV secolo le donne che affermavano tali loro convinzioni venivano accusate di stregoneria . Dal canto suo la Chiesa , che aveva sempre identificato Diana con il Diavolo , considerava un atto diabolico l’idea che delle donne cavalcassero di notte insieme alla dea. Il “ Canon Episcopi “  scritto da Reginone di Prüm verso la fine del primo millennio e riferito , come già accennato , ad istruzioni per i vescovi sul tema della stregoneria , rispecchia l’atteggiamento della Chiesa su tali credenze . Il testo , che entrerà a far parte del diritto canonico, è considerato espressione dello scetticismo ecclesiastico , nel medioevo, nei confronti della stregoneria . Ciò è ritenuto poco esatto da autorevoli studiosi , in quanto alcuni contenuti dello scritto fanno riferimento ad elementi cumulativi del concetto di stregoneria. L’arte magica è assimilata all’eresia , come nella Patristica , e l’illusione di volare di notte al seguito di Diana e di adorarla insieme ad altre adepte è opera del diavolo , maestro dell’inganno e della seduzione.

Ma , come accennato, con l’inizio del ‘400 l’approccio della parte alta della società cambia nei confronti della credulità e dell’illusione di quelle donne succitate. Esse non sono più in preda ad illusioni , ma veramente volano e compiono altri atti osceni e sacrileghi perché munite di un potere diabolico. Probabilmente tale cambiamento di pensiero , già iniziato nel ‘300 , è da attribuire ad alcuni contenuti della Scolastica , che fa riferimento a particolari poteri del Diavolo , sia per uso proprio che per dazione ad altri , poteri riferiti a spostamenti aeriformi e metamorfosi animalesche.

Corroborare tali elementi, volo , metamorfosi e idolatria con la presunta ma immancabile presenza di una setta di maghi , amorale , segreta e quindi ereticale , crea la sintesi di partenza di un mutato concetto della stregoneria a partire , come detto , dal 1400. Ciò nondimeno e fino all’inizio di una conclamata caccia alle streghe , che inizierà più tardi , permane un senso di critica , di scetticismo ed aggiustamenti di pensiero per mettere d’accordo alcuni contenuti della Scolastica , del ” Canon Episcopi ” , del ” Malleus Maleficarum ” e di una parte colta dell’Europa del tempo. Infatti, sia in tale strato sociale dell’Europa , che in settori della Scolastica , permanevano dubbi sul trasporto di corpi attraverso l’aria da parte del diavolo .

Da parte sua , il testo “ Malleus Maleficarum ” di Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger non si azzardava a contraddire il concetto del diritto canonico che l’immaginazione aveva un ruolo determinante nel contesto della stregoneria , ma ugualmente si incuneava nello spazio lasciato aperto , piccolo per la verità, dalla demonologia scolastica e che lasciava filtrare l’idea che alcune persone potessero essere trasportate nell’aria corporeamente e non solo nell’immaginazione creata dall’arte diabolica.

Diciamo che le due idee , ” volo corporeo ” e ” volo immaginario ” , permasero fino al ‘500 inoltrato , e questo alternarsi di concetti trovò spazio anche in scrittori del periodo considerato che , al contrario asserivano che il volo notturno delle streghe era da ritenersi di fatto concreto , magari a dorso di un animale che il diavolo metteva loro a disposizione. Di contro lo scetticismo del ” Canon Episcopi” in tale contesto , fu fatto proprio dagli umanisti di metà ‘500. Ed a proposito del volo notturno , immaginario o corporeo che fosse , per partecipare al sabba, esso avveniva nei modi più vari . A volte era una raffica di vento a condurre lontano la strega , altre volte era animali asserviti dal diavolo allo scopo , come caproni ed uccelli notturni .

Il mezzo per antonomasia usato , e che rimarrà nell’immaginario popolare fin oltre l’età moderna , era il ” manico di scopa ” .  La scopa è un simbolo del sesso femminile , ed avrebbe attinenza sia con i riti orgiastici consumati durante il sabba , sia con la figura della donna che avrà la prevalenza nella identificazione della stregoneria .

Come ultimo , ma non tale come importanza nella cultura del volo notturno della strega , rimaneva l’unguento, un preparato speciale a volte a base di erbe ed a volte a base di frattaglie di animali uccisi . L’unzione del corpo ed il massaggio su di esso di tale preparato rimane ancora oggetto di discussione ed il riferimento è agli effetti che tale massaggio ed unzione comporta. Una parte cospicua di studiosi ritiene che erano proprio le esalazione provocate dallo sfregare sul corpo di tali sostanze ad indurre la mente ad allucinazioni e fantasie quali voli notturni e raduni lontani quali il sabba . E l’atropina , sostanza ricavata dall’uso dell’erba “ belladonna “ , l’erba per eccellenza della strega , poteva , se inalata , provocare allucinazioni . D’altronde gli effetti allucinogeni di alcuni oppiacei , in uso anche tra abitanti indigeni delle Americhe , tipo la mescalina , è un dato di fatto .

Ma , tanto per creare sempre qualche dubbio seppur piccolo , in tale contesto , c’ erano streghe che asserivano che l’unguento magico andava spalmato sul manico di scopa o sulla scopa stessa , prima di utilizzarla come mezzo di locomozione aerea A prescindere dal testo “ La caccia alle streghe in Europa “ di Brian Levack , che non propende molto per la teoria che fosse l’esalazione dell’unguento a provocare allucinazioni , va riferito che, in epoca quasi post moderna , delle donne , dopo essersi massaggiate con determinati unguenti e sotto stretta sorveglianza di testimoni asserenti la loro immobilità fisica , dopo un periodo di tempo in cui erano soggette ad un forte torpore , al risveglio da esso , asserivano , con peculiarità descrittiva , di essersi recate in una certa località molto lontana , e di aver partecipato ad un raduno di consimili .

 

V.

L’ Inquisizione

 

Il termine “ Inquisizione “ deriva da latino “ inquiro “  ( composto da “ in + quaero “ ) che significa , in senso atecnico, “ cercare , scoprire “ ed in senso più stretto , fare indagini su qualcuno o su qualcosa .

La caratteristica specifica di tutti i modelli inquisitoriali sia in epoche passate che contemporanee consiste nella promozione “ ex officio “ di una inchiesta alla ricerca del crimine o della eresia da estirpare da parte di funzionari pubblici definiti inquisitori .

Il diritto canonico , uno dei due diritti universali insieme a quello romano , si è molto servito di questa procedura giuridica nel cercare di regolare la vita spirituale degli individui .

La seconda specificità del procedimento inquisitoriale era la segretezza con la quale si procedeva nelle indagini. E le indagini potevano essere effettuate nei confronti di chiunque offrisse un piccolo indizio o pur lieve sospetto in merito al contenuto dell’inchiesta in corso.

La terza caratteristica è rappresentata dal tipo di processo che necessariamente seguiva la procedura inquisitoriale e cioè il “ processo inquisitorio “  così definito per distinguerlo dalle altre due tipologie di processo , quello accusatorio e quello per denuncia.

Nel processo inquisitorio , la figura del giudice è assolta dallo stesso inquisitore : quindi c’è una sommatoria di ruoli e di poteri che configura nella stessa persona sia chi accusa e propende per una sentenza di condanna sia chi emette la sentenza che non può che essere di condanna stessa.

Se non c’è spazio per il libero convincimento di un giudice terzo che condanna o che assolve , ma vi è solo una figura di giudice che indaga , sospetta , accusa , incolpa e poi giudica , quali possibilità può avere un inquisito di essere assolto in un processo del genere ? Ci si trova piuttosto di fronte al libero convincimento dell’inquisitore e non a quello del giudice, ed in tal senso taluni giuristi parlano di ” arbitrium “ . Ma tale termine non va inteso come potere arbitrario , bensì come potere discrezionale che ha l’inquisitore nell ’indagare , accusare , giudicare e condannare.
Si è accennato al diritto canonico e che esso si sia servito del procedimento inquisitorio in determinate vicende della storia religiosa dell’ Europa e considerando le peculiarità del processo inquisitorio , celebrato a partire dal XII secolo e fino alla fine del XVIII secolo , si ritiene utile fare alcuni chiarimenti in proposito .

A) Il processo romano-canonico veniva modellato sulla base di due diritti scritti evoluti e raffinati che certamente non lasciavano una “ delega in bianco “  all’inquisitore o che il processo , soprattutto, si svolgesse secondo i suoi umori . Al contrario andava seguita una procedura processuale ed inquisitoria rigorosa alla quale l’inquisitore doveva attenersi . E non è a caso che si parli in tal senso di un “ rigido formalismo “  del modello inquisitorio . E’ vero che un sospetto poteva indurre un inquisitore a svolgere indagini , ma questo sospetto doveva sussistere, e non essere solo supportato da un’ antipatia personale nei confronti del sospettato o inquisito ;

B ) Tutto il processo andava messo per iscritto , il che equivaleva ad un certo controllo dell’operato dell’inquisitore ;

C ) La condanna , se sentenziata , alla fine del dibattito , andava comminata sulla base di prove legali. Il sistema delle prove legali era formato da due tipi di prove : le ” prove plenae “  e le  ” prove semi-plenae “  . Le prove plenae consentivano di sentenziare una condanna , le prove semi-plenae non erano sufficienti in tal senso , ne necessitavano più di una.

La prova plena per eccellenza era la “ confessione “  cioè la regina delle prove . Sotto questa luce , il processo inquisitoriale poteva apparire garantista , in realtà , dice Franco Cordero ,  ” dietro questo rigido formalismo si celava un finto garantismo ”  .  In effetti , pur se era richiesto un vero sospetto per dar corso a delle indagini , chi se non l’inquisitore decideva se procedere o meno nell’azione di accertamento ?

Ed ancora : se l’inquisitore fosse stato convinto della colpevolezza dell’imputato , in buona o mala fede , e cercava la prova piena risolutiva o più prove semi piene , chi poteva frenarlo dal praticare iniziative e procedure cosiddette persuasive atte a fare in modo che l’imputato o il testimone confessasse ? Il diritto romano ed il diritto canonico , pur se raffinati , non erano perfetti e quindi si poteva estrapolare da essi la pratica della cosiddetta “ tortura giudiziaria “ .

E veniamo alle ultime caratteristiche del processo inquisitorio : nel processo penale , in ogni epoca e data . difficilmente trova esito la ricerca della verità storica , o meglio quella effettiva di come si sono svolti effettivamente i fatti . Essa la conosce soltanto la vittima ed il carnefice , e non sempre. L’accusa e la difesa , in un processo garantista , tentano di arrivare quanto più è possibile alla verità processuale , quella che poi dovrà essere vagliata dal giudice , e quest’ultimo in assenza di una versione che ” vada oltre ogni ragionevole dubbio “ si pronuncia pro reo perché vige la presunzione d’ innocenza.

Nel processo inquisitorio le cose stanno diversamente : il giudice e l’accusa sono la stessa figura , per cui vige il principio della “ presunzione di colpevolezza “  e non è facile dimostrare il contrario. Ma c’è un di più: se l’inquisitore –accusatore è convinto della colpevolezza dell’imputato , egli che è anche giudice , mirerà a raggiungere la verità storica , facendola dire dalla bocca dell’imputato . Cosa alla quale si perverrà utilizzando la ” tortura “ , e sarà l’ossessiva pretesa di giungere alla verità a fare della tortura uno strumento giudiziario. Non a caso il giurista medioevale  Azzone da Bologna  definirà l’Inquisizione “ la ricerca della verità per mezzo della tortura “  .

Certamente oggi tale procedura , sotto il punto di vista del “ garantismo “ , è considerata abnorme , ma nell’epoca di riferimento , il diritto comune e quindi il processo romano-canonico comprensivo della procedura giudiziaria inquisitoriale , era da considerare pur sempre un salto di qualità in raffronto a quello precedente . Il pensiero giuridico del tempo vedeva un miglioramento del diritto processuale , confrontando l’ordalia del processo barbarico ed il duello o giuramento del processo medioevale con il processo inquisitorio. Ed il processo inquisitorio del diritto romano – canonico fu assimilato non solo dall’Impero e dalla Chiesa ma anche dalle altre Corti di giustizia esistenti all’epoca. Per cui quando l’assolutismo dello Stato incominciò a prendere forma e sostanza , le monarchie acquisirono le procedure dell’inquisizione , sia per affermare la propria sovranità che per reprimere il dissenso .

Ci troviamo quindi di fronte a due percorsi dell’Inquisizione , quello medioevale e quello moderno. Già si è accennato alla diffusione del diritto romano-canonico in epoca medioevale , e con esso la specificità del processo inquisitorio . La sua proiezione sulla procedura criminale ordinaria fece sì che gli ordinamenti giudiziari dotassero i propri tribunali di un apparato istituzionale dedito all’attività inquisitoriale . Lo Stato pontificio non fece eccezione e sotto il pontificato di Innocenzo III ebbe a dotarsi della sua Inquisizione – La Santa Inquisizione “ medioevale “ – al fine di reprimere l’eresia . Le Inquisizioni secolari delle monarchie medioevali , assoggettate al potere dell’Impero e della Chiesa , erano il “ braccio secolare “ della Santa Inquisizione , applicavano la pena inferta dal Tribunale pontificio . La Chiesa allora condannava soltanto il reo alla pena di morte , chi eseguiva la condanna era il braccio dell’autorità “ civile “ .

Con riferimento al percorso dell’Inquisizione in epoca moderna , essa ha due segmentazioni ben distinte: l’Inquisizione Spagnola e l’Inquisizione Romana.

 

1 . L’Inquisizione spagnola

Nel 1478 i Reali di Spagna , nelle persone di Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia che con il loro matrimonio avevano unificato i due regni , chiesero ed ottennero dal Papa Sisto V la creazione di un’ Inquisizione spagnola completamente staccata dal potere della Chiesa di Roma , allo scopo dichiarato di combattere ed eliminare l’eresia presente in Spagna .

Si ritiene che fosse stato l’inquisitore Tomas de Torquemada , noto per la sua triste fama nel perseguire l’eresia , a consigliare re Ferdinando di chiedere tale autorizzazione a Roma . I risvolti di tale iniziativa , contrariamente a quanto palesato a difesa della purezza della fede cattolica , ebbero subito la connotazione politica di eliminare sistematicamente tutti quelli ritenuti nemici della “ Reconquista “ attuata poi con la caduta di Granada,ultimo baluardo arabo in Spagna .

I tribunali speciali , istituiti allo scopo , si occupavano quasi esclusivamente di perseguire reati contro lo Stato e la fede ed i cui autori erano ritenuti i conversos o ebrei convertiti ed i moriscos o musulmani convertiti , accusati di professare in segreto la loro religione.

La maggior parte di questi ” conversos “ era abbastanza ricca ed operosa ; si trattava di banchieri , commercianti , industriali , professionisti , e l’azione inquisitoria nei loro confronti includeva in caso di condanna – cosa difficile da evitare – la confisca dei beni ed anche un premio per chi aiutava con la delazione l’iniziativa inquisitoriale . Questo comportò non solo delle procedure giudiziarie interessate ma anche l’abbandono di tante attività fiorenti da parte di persone che pur di antica fede cristiana , temevano di essere scambiati per conversos .

Nella Spagna dell’epoca , compresa quella a venire di Carlo V e discendenti , anche la cultura ebbe un forte rallentamento , timorosa di qualsiasi pur piccolo risveglio o cambiamento che potesse giustificare agli occhi dell’Inquisizione una sua procedura antieretica , un pensiero non-conformista come “ l’erasmismo “ in Spagna non prese mai piede , per esempio.

Ma se l’ Inquisizione Spagnola ebbe dalla sua questi risvolti negativi in termini culturali ed economici , e non dimentichiamo le vittime dei roghi considerate però nemici dello Stato Sovrano, oltre che della fede , al contrario , dal punto di vista della caccia alle streghe , che si scatenerà a partire dalla prima metà del secolo XVI , sia in Spagna che Portogallo saranno pochissime le condanne comminate per stregoneria.

 

2. L’Inquisizione Romana

Se Papa Sisto IV nutriva dei dubbi sulla metodica utilizzata dall’Inquisizione Spagnola , non così fu per i suoi successori che si convinsero dell’efficacia antiereticale delle procedure dell’Uffizio spagnolo. Tale convinzione , unitamente all’avvento delle grandi eresie cristiane nell’età moderna , a partire dalla predicazione fiorentina di Girolamo Savonarola e passando soprattutto per la Riforma di Lutero, indussero il Papa Paolo III , nel 1542 , alla emanazione della famosa Bolla ” Licet ab initio “ con la quale si ristrutturava il vecchio impianto inquisitorio medioevale dando vita ad un organismo nuovo , “ l’ Inquisizione Romana del Santo Uffizio “ : una congregazione che avrebbe , a far data dal 1542 , tutelato la dottrina della fede cristiana cattolica.

D’altronde la formazione degli Stato assoluti , il prevalere della teoria della “ ragion di Stato “  la dottrina di Lutero ed il contenuto del compromesso politico-religioso del cuius regio , eius religio , la pace di Westfalia e l’autonomia delle grandi monarchie , spinsero all’accentramento nel potere statale della giurisdizione , con uno svincolo dall’universalismo Imperiale – Cattolico . Si dava così inizio alla “ secolarizzazione o laicizzazione del diritto ed al suo positivismo legislativo soprattutto nella fase processuale del crimine e arrivando poi alla codificazione in materia di procedura criminale “ .

L’Inquisizione Romana del Santo Uffizio era composta da sei ( poi otto ) cardinali inquisitori , presieduta all’atto della costituzione dal cardinale Gianpietro Carafa , che diventerà Papa come Paolo IV , con ampi poteri di designazione dell’ufficio d’inquisitore svincolato da limiti di spazio e con poteri d’intervento inquisitoriale verso chiunque , principi e prelati compresi, ed escludendo nei confronti del loro operato qualsiasi intervento vescovile o di altra autorità laica e religiosa .

All’inizio, la Santa Inquisizione Romana rivolse le sue attenzioni verso la cultura e la bibliografia ereticale compilando un indice dei libri che ogni cattolico doveva astenersi dal leggere , pena la scomunica o peggio la procedura inquisitoriale . L’avvento di Papa Gianpietro  Carafa, Paolo IV ,  accentuò le competenze dell’Inquisizione con un deciso aumento delle incriminazioni ereticali che non risparmiarono né alti prelati , come i cardinali Reginaldo Pole e Giovanni Morone , né intellettuali come Giordano Bruno e Galileo Galilei , e quest’ultimo si salvò dal rogo solo con l’abiura.

Nel prosieguo della sua funzione all’interno della Chiesa Cattolica si può dire , fatte salve quelle peculiarità che la caratterizzeranno nella caccia alle streghe , che a partire dal XVIII secolo l’ Inquisizione Romana si occuperà di questioni interne alla vita della Chiesa. Nel 1908 , ad opera del Papa Pio X , essa cambierà denominazione in Congregazione del Sant’Uffizio e lasciando il termine Inquisizione. Infine con il Concilio Vaticano II ha assunto il termine di Congregazione per la Dottrina della Fede .

Il tema trattato, la lotta alla superstizione e nello specifico la caccia alle streghe particolarmente verificatasi nei secoli XVI e XVII , farà prescindere dall’uso dell’ Inquisizione nel suo riferirsi alla lotta contro l’eresia , compresa la bibliografia ereticale , e la si rapporterà invece al suo utilizzo nel perseguire uomini e donne , soprattutto donne , accusate di stregoneria.

Le stime che trovano più largo consenso parlano di processi, svoltisi principalmente in Germania (50.000), Polonia (15.000), Francia (10.000), Svizzera (9.000), isole britanniche (5.000), paesi scandinavi (5.000), Spagna (5.000), Italia (5.000) e Russia (4.000). In questi processi l’80% degli accusati era di sesso femminile, mentre in Estonia (60%), Russia (68%) e Islanda (90%) vi fu una predominanza maschile .

La maggior parte dei roghi in Italia si ebbe nella prima parte del Cinquecento soprattutto nell’Italia settentrionale e in Toscana, con un solo caso a Benevento. Le persecuzioni più note si sono svolte in: Val Camonica (1518-1521) la più grande caccia alle streghe dove vi furono tra i 62 e gli 80 roghi ; Como (1510 ), con forse 60 roghi ; Val di Fiemme (1501-1505), 11 roghi; Mirandola (1522-1523), 10 roghi ; Peveragno (Cuneo) (1513), 9 roghi ; Rossino (1500 ), 40 – 45 roghi ; Bormio (1632 ) 34 roghi .

La “ Caccia alle streghe “  provoco, alla fine, la morte 1 milione di donne uccise dalla Santa Inquisizione Cattolica .

La stragrande maggioranza dei processi e dei roghi si verificarono in Europa con una intensità più evidente nelle zone dell’arco alpino italiano, delle Alpi Svizzere , della Francia e della Germania , della Scozia , una relativa presenza si verificherà in Inghilterra e nei Paesi Scandinavi , e cosi nelle Americhe , se si fa eccezione per il ” caso Salem ” nel XVII secolo . Eppure non si può non notare , stando alle risultanze di ricerche condotte dagli studiosi , che questa disomogeneità nel perseguire il reato di stregoneria ha interessato aree geografiche in cui le condizioni di substrato sociale erano simili , tenuto conto della causalità che era la stessa e gli effetti pure , in termini di ricaduta sulle condizioni di vita delle persone.

Certamente il verificarsi di determinati eventi , quali carestie , epidemie , cattivi raccolti , variazioni nelle alternarsi delle stagioni con effetti sul clima e sulla conduzione della vita soprattutto rurale , poteva avere una valenza forte nell’attribuzione di tali fenomeni negativi per l’esistenza del quotidiano , da parte di uno strato sociale ignorante , superstizioso , continuamente in preda alla paura di interferenze soprannaturali , a interventi malefici da parte di persone dedite a culti diabolici , quali appunto le streghe.

In una lezione magistrale, Giovanni Romeo fa riferimento ad una piccola glaciazione che ebbe il suo culmine tra il 1645 ed il 1715 e che nel contesto dell’Inquisizione e della caccia alle streghe spiegherebbe quel verificarsi di fattori negativi di cui si è accennato prima . Ma il loro verificarsi ed il loro effetto sull’immaginario collettivo non ha avuto le stesse reazioni , anche se mal comune nelle zone considerate. Cioè , la piccola glaciazione ha avuto gli stessi effetti sia dove sono state incolpate le streghe con un incremento persecutorio , sia dove in presenza delle stesse carestie e malattie , le streghe hanno avuto meno persecuzione , quindi condizioni uguali ma reazioni diverse .

E’ vero che Portogallo e Spagna – soprattutto quest’ultima – hanno avuto nel mirino dell’ Inquisizione la lotta all’eresia , quella contro lo Stato Sovrano , anche se non hanno disdegnato del tutto la caccia alle streghe , come dimostra la operosità di Tomas de Torquemada non rivolta soltanto contro l’eresia . E va ricordato che quando eresia e stregoneria si compenetreranno , tale confusione accentuerà di molto la lotta alla superstizione.

L’Italia , almeno quella centrale e meridionale , malgrado la presenza istituzionale della Chiesa , non ha contato molte vittime di roghi . Si ritiene che proprio la presenza di tribunali sotto la giurisdizione della Santa Inquisizione Romana sia stato un freno alle condanne facili e senza risparmio che invece sono state erogate laddove funzionavano i tribunali statali , come in Francia , e dove la riforma protestante aveva attecchito più radicalmente , come in Germania e in Svizzera e parte dei Paesi Bassi . Si è, anche, verificato che dove convivevano entrambe le confessioni di fede , come dice Giovanni Romeo ,  ” nessun inquisitore voleva essere da meno dell’altro , anche per non incorrere nella reazione sommaria del popolo che a volte ricorreva al linciaggio nei confronti di coloro che erano accusati di stregoneria o , addirittura per non essere loro stessi accusati di connivenza con le streghe . “

Il concetto del crimine , salvo eccezione , era riferito al maleficio perpetrato e non anche al culto del diavolo in modo ampiamente partecipativo . La credenza nel sabba era nota , ed a volte anche descritto con molta fantasia come accadde da parte di alcune streghe Basche agli inizi del ‘600. Ma l’accusa del culto diabolico , e quindi del crimine di apostasia fu un’accusa poco praticata dagli inquisitori ; quindi sia contadini che abitanti urbani erano accusati di pratiche magiche , di divinazioni e di preparazione di filtri amorosi che prevedevano la carcerazione , ma non il rogo. La strega spagnola e quella italiana erano più assimilabili a maghe come Canidia e Celestina che a quelle tedesche e svizzere che volavano al sabba.

Ed infatti le aree a più diffusa caccia alle streghe , in Italia e Spagna , furono quelle esposte a nord , a contatto con Francia , Svizzera, e Germania. Diciamo pure che nell’area mediterranea mancò quel concetto cumulativo di strega , a cui prima si è accennato , che assimilava completamente magia , stregoneria ed eresia , con il diavolo , il patto diabolico , il sabba ed il volo.

La ” Cautio Criminalis “ di Frederich von Spee , il gesuita tedesco che da confessore accolse in extremis le ultime confidenze di tante sventurate che non avevano più nulla in cui sperare , è una riprova di quanto causato dall’uso eccessivo della tortura e dalla mancanza di un processo garantista. Il libro ” Cautio Criminalis “ di Frederich von Spee, finito di stampare nel 1631 , non fu pubblicato subito per ovvie ragioni , ma dopo la morte dell’autore avvenuta nel 1635 , per aver contratto la peste dai suoi assistiti spirituali.

 

3. L’inquisizione tra diritto e teologia

Quando nel 1484 Il Papa Innocenzo VIII , con la Bolla  ”  Summis Desiderantes Affectibus ”  diede mandato ai due frati domenicani tedeschi Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger , di procedere con rigorosa fermezza nel perseguire la superstizione , ormai assimilata nella figura della strega malefica , i giuristi del tempo si resero conto che le nuove dottrine inquisitoriali portavano ad una interpretazione e applicazione del diritto comune troppo riduttiva . Il ” Canon Episcopi ” di Regino di Prüm , considerato limitativo in termini di procedura inquisitoriale , veniva surclassato da Kramer e Sprenger così come la resistenza dei giuristi , di formazione canonico-romana , si indeboliva.
L’iniziativa di Innocenzo VIII poteva condurre , come di fatto fu , oltre la sola repressione della stregoneria . La società del tempo era in trasformazione , e le sue pulsioni erano anche di origine culturale , non solo economica e religiosa . Da tutto questo , la teologia ne trasse forza per aggirare le norme di diritto comune ridimensionando radicalmente la scienza giuridica.

Se da un lato furono pochi i giuristi che si resero conto di come le cose si stavano evolvendo , dall’altro lato c’è da notare che vi fu una certa condivisione nel veder sacrificare la legalità a favore del potere che perseguiva la repressione di un nemico della cristianità. Fu un praticante giurista lombardo , Giovanni Ponzinibio , a tentare una vana resistenza con il chiarire con un suo testo ” De lamiis ” che trattava delle streghe e del diritto ciò che stava accadendo.

Giovanni Ponzinibio pubblicava il suo trattato ” De lamiis ”  nel 1511 e si ritiene che tutto fosse da riferire alla spietata caccia alle streghe praticata a Piacenza tra il 1502 e il 1511 . In questo periodo, l’inquisitore operante a Cremona e Piacenza era Giorgio da Casale dell’Ordine dei predicatori , ed essendo molto contestato da laici ed ecclesiastici , malgrado un intervento a suo favore da parte del Papa Giulio II , lasciava l’incarico.

Ma tale vicenda non è sufficiente a spiegare l’iniziativa del Ponzinibio , piuttosto va considerata una lettura in chiave politica del suo operato . Milano , dove risiedeva Ponzinibio , a quel tempo era sotto la tutela francese , e Luigi XII era in aperto contrasto con Giulio II , così tanto da tentare di farlo deporre con l’iniziativa di un Concilio a Pisa.

Nel merito dell’argomento trattato , Ponzinibio , in verità , configurava un paradigma concettuale ampio e non solito in lavori simili . Prima di trattare della stregoneria , il giurista piacentino argomentava sul diritto , sulla sua scientificità, e sul suo rapporto con la teologia , chiarendo molto bene quale poteva essere la posta in gioco nel conflitto con gli inquisitori . Il suo argomentare prendeva spunto da un passo del ” Vangelo ” di Matteo che molti interpretavano come un rafforzamento della realtà sul volo notturno, mentre Ponzinibio , proprio a favore della fede riteneva il contrario , pur rimettendosi al giudizio di chi più esperto in materia . Il giurista si chiedeva come pregiudiziale se dovesse essere il diritto o la teologia ad interpretare in modo autentico le Sacre Scritture, facendo seguire poi una articolata esposizione con argomentazioni riferite a passi e norme delle Sacre Scritture ed alla filosofia con molta padronanza sia della logica giuridica che della logica pura . Giovanni Ponzinibio , nella sua dissertazione , ricorreva al giurista e filosofo Baldo degli Ubaldi , a civilisti come Azzone da Bologna ed Andrea d’Isernia , Bartolo da Sassoferrato , spesso a giuristi del ‘400 come Paolo di Castro e Angelo degli Ubaldi . Tra i canonisti citava Giovanni d’Andrea, il Panormitano , Pietro d’Ancarano così come molti erano i riferimenti ad Aristotele e , in misura minore , a san Tommaso d’Aquino. La precisione nel citare questi giuristi e filosofi , denotava da parte dell’autore , Giovanni Ponzinibio,  una forte cultura giuridica-teologica.

Diciamo che la sua appassionata ed erudita difesa della valenza del diritto come scienza , come disciplina autonoma dalla teologia , mutevole nel contenuto normativo che necessariamente nel tempo andava adeguato alle esigenze della società , basava sul diritto giustinianeo , sul diritto canonico, sul pensiero dei civilisti di diritto comune nonché sul pensiero di Aristotele. Una volta attestato che dovevano essere i giuristi a giudicare le persone accusate di stregoneria, il Ponzinibio entra nel merito dell’applicazione del diritto nei processi inquisitori.

Intanto la procedura contenuta nel ” Canon Episcopi ” di Regino di Prüm era valida e corrispondente alle circostanze e non certamente obsoleta , come la si voleva fare apparire confrontando l’opera di Regino di Prüm con il ” Melleus Maleficarum ” di Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger . La differenza tra l’antica seguace di Diana , lamia , e l’adoratrice di Satana , strega , non era provata , per cui il dubbio favoriva l’accusato facendogli addebitare la colpa minore . La distanza da coprire in una sola notte , che la partecipazione al Sabba imponeva , era contro la logica ed il buon senso , per cui era un falso . E qui il giurista coinvolge il filosofo e giurista Baldo degli Ubaldi che citava il caso di un processo inquisitorio in Francia annullato perché dotato di elementi accusatori contro il buon senso comune.

Pure se ammessa la differenza tra antiche seguaci di Diana e nuove seguaci del Diavolo , comunque si prendeva per realtà ciò che era solo mera illusione, ed in ciò la validità del ” Canon Episcopi ” di Regino di Prüm era evidente .

Il diavolo faceva il suo lavoro creando illusioni ed alimentando la fantasia , le indagini preliminari si basavano su confessioni estorte con la tortura o su indizi basati sul sentito dire , il processo veniva condotto in modo errato perchè fondato su reati commessi con il solo concorso della fantasia, e tale era il volo notturno , una fantasia . Senz’altro quella fantasia poteva contenere un comportamento peccaminoso da parte della persona inquisita , una creduloneria facile , una base di fede debole , una forte ignoranza , un senso di rivalsa , ma per la scienza giuridica tutto questo non aveva nessuna valenza .

Gli inquisitori semmai avrebbero dovuto aiutare le persone nell’abiura di certe credenze , e la scienza giuridica andava utilizzata nell’aiutare la teologia a risolvere dubbi e ad amministrare bene la giustizia intervenendo nella fase iniziale dell’inquisitoria . Giovanni Ponzinibio , come giurista resta un conservatore , lontano dal nuovo percorso che da lì a poco intraprenderà la scienza giuridica Ma la sua lucidità di argomentazione resterà unica anche dopo quando sulla scena del diritto comparirà  Giovanni  Andrea Alciato.

 

VI.

L’ ” affaire ” del noce di Benevento

E’ lecito chiedersi: ma la città di Benevento è stata veramente la città delle streghe ? L’immaginario collettivo l’ha sempre considerata tale per via del suo “ noce “ , ritrovo collettivo della celebrazione del sabba al quale pervenivano le streghe di tutta Italia e , da qualche confessione , pure dall’estero. Ovviamente , a Benevento , nessuno ha visto mai arrivare streghe e stregoni che a cavallo di scope e caproni , gufi ed altri uccelli notturni , che dopo una notte di orge , danze macabre e banchetti putridi ripartivano al sopraggiungere dell’alba , la luce del sole per loro distruttiva , ritornavano ai luoghi di partenza facendo attenzione che la loro assenza passasse inosservata.

Il drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934, Luigi Pirandello risponderebbe “ così è se vi pare “ . Ma Pirandello si riferiva alla verità , il nostro argomento è riferito ad una verità fondata su illusione e fantasia invece. E lo ” storico “ è portato , doverosamente, a chiedersi : perché proprio Benevento doveva essere alcentro di una fantasia , una fantasia che avrà pure avuto un inizio, una motivazione che giustificasse la città sannita come luogo di cerimonie notturne ?

Proviamo ad immaginare una scena , un classico nella scenografia della strega : è mezzanotte , ed una donna è appoggiata sul davanzale della finestra della sua camera da letto , può essere anche un’altra camera considerato che nel medioevo e in età moderna la gente del volgo non aveva tante camere a disposizione , è in camicia da notte , si sta ravvivando i capelli lunghi e sciolti e davanti a se sul davanzale della finestra ha una boccettina contenente un liquido denso , diciamo un unguento preparato con ingredienti particolari . Dopo essersi ravvivati i capelli e accertata che nessuno la vede si spalma ben bene parte dell’unguento sul corpo e massaggiandosi forte pronuncia una frase rituale:” Unguento , unguento – mandame ala noce de Benivento – supra acqua et supra ad vento – et supra ad omne maltempo ” . Dopo di che , la ratio stabilisce che gli effetti fumogeni dell’unguento spalmato facevano cadere a terra la donna in preda ad allucinazioni che duravano per diverse ore , la fantasia invece dice che la persona si involava dalla finestra sul manico di scopa o sul dorso di qulche animale e raggiungeva il noce di Benevento e una volta lì, insieme a tante altre consorelle , facevano venire l’alba in compagnia del diavolo , ed organizzando programmi per danneggiare il prossimo , tipo calamità naturali , ed avversità contro bambini ed adulti.

Nel contesto della scena immaginata, ciò che interessa è una parte della formula , quella riferita al “ noce “  di Benevento  . Quindi Benevento , come meta finale , era in funzione di un noce , o meglio di quel noce : evidentemente quel noce particolare era ubicato solo a Benevento.

Esiste un dato storico : la prima donna a far menzione al noce di Benevento è ” Matteuccia da Todi ” , o meglio il suo cognome era ” di Francesco ” , e nel 1428 venne processata a Todi per stregoneria . Risulta, ad onor del vero, che Matteuccia di Francesco in effetti fosse solo una ” fattucchiera “ , una guaritrice dedita alla preparazione di filtri d’amore , ad infusi di erbe che spesso alleviavano dei dolori fisici , il tutto condito con giaculatorie pseudo-religiose . Ma Matteuccia di Francesco viene condannata al rogo ; durante l’interrogatorio del processo inquisitoriale , la malcapitata confessa , e non è difficile capire come , di essersi recata al sabba presso il noce di Benevento.

Ci si chiede : è Matteuccia di Francesco a confessare di essersi recata ad un sabba o è l’Inquisitore che le chiede se si è mai recata ad un sabba ? Ed ancora , è Matteuccia di Francesco a fare il nome di Benevento o è l’inquisitore a suggerirle Benevento con annesso noce? Certamente doveva esserci una motivazione al fatto che l’inquisitore pilotasse l’accusata a farle confessare la località di Benevento .

Il 28 Marzo 2012, a Benevento presso il Centro dei Beni Culturali ci sono state delle conferenze in merito alla città sannita , tenute da Francesco Morante , Marina Della Torca , Maurizio Cimino , una di queste , l’ultima , ha per titolo “ Benevento la città delle streghe “ . E’ interessante riferirsi ad alcuni passaggi del tema trattato nella relazione “ Benevento la città delle streghe “ , in quanto storicamente supportata da dati relativi ai due quesiti posti dinanzi.

Nel 1456, viene celebrato a Perugia , città che vedrà celebrati nove processi nel suo tenimento nell’ambito temporale del XV secolo , il processo contro Mariana di San Sisto. Anche lei , come Matteuccia di Francesco , confessa di essere stata al noce di Benevento , pronunciando una formula propiziatoria molto simile a quella di Matteuccia . Può esserci un nesso tra i due processi , anche se differiti di trent’aani , che porterebbe ad una causa comune riferentesi a Benevento come luogo dei sabba ?

L’epoca del processo a Matteuccia di Francesco coincide con la svolta giudiziaria che la Chiesa vorrà imprimere al suo nuovo rapportarsi alla figura della strega , e questo periodo coincide con le prediche che san Bernardino da Siena stava tenendo nel tenimento di Todi. San Bernardino era profondamente convinto della malvagità della magia e della superstizione perché le collegava ad una ispirazione del diavolo ; ed i francescani , l’ordine al quale san Bernardino apparteneva , contribuirono molto , nel secolo XV , alla diffusione del timore della stregoneria . Nel condannare Matteuccia di Francesco , l’inquisizione , sentenziando , fa un indiretto riferimento a san Bernardino : ora lo schema del processo contro le streghe , lo schema accusatorio , è abbastanza preordinato, la persona accusata , messa alle strette dal metodo coercitivo dell’inquisitore tendente alla ricerca ossessiva della verità ” storica ” , deve ammettere il suo contatto ravvicinato con il diavolo , con tutto ciò che ne consegue , altrimenti tutto l’impianto d’accusa manca della conditio sine qua non per essere dichiarata strega e condannata .

C’ è un nesso nel chiedere durante l’interrogatorio se l’accusata avesse partecipato ad un sabba ed alcuni contenuti delle prediche di san Bernardino ? E l’indicazione di Benevento che nesso avrebbe con san Bernardino ?

Mariano Sozzini , noto giureconsulto del XV secolo , ma famoso anche per essere stato professore di Papa Enea Silvio Piccolomini , Pio II , nel 1420 , in un giro di corrispondenza , fa riferimento a voci pervenutegli circa convegni notturni a Benevento , completi di volo e sabba . Anche Sozzini era di Siena come san Bernardino, ed è documentato che tra i due ci fosse una forte amicizia. E’ possibile che tra i due qualche impressione su ciò che si mormorava avvenisse a Benevento sia stata scambiata.

Altri due processi del ‘500 celebrati dal Sant’Uffizio a carico di Bellezza Orsini ( 1528 ) e Faustina Orsi  ( 1552 ) , fanno riferimento a confessioni riportanti il noce di Benevento come luogo di riunione notturna per il sabba.

La convinzione storica è che la leggenda del sabba beneventano sia nata a Siena agli inizi del ‘400 ma sulle ragioni del come sia iniziata la leggenda non fonda su documentazioni storiche , si possono solo formulare ipotesi , ed una di queste , la più plausibile o la più suggestiva ,  la fornirà Pietro Piperno.

Ciò di cui si è convinti è che le prediche di san Bernardino e quelle a seguire degli altri suoi confratelli minoriti, hanno contribuito a fare in modo che la partecipazione al sabba di Benevento diventasse una prova di colpevolezza per le persone accusate di stregoneria .

Questo avrebbe comportato la formulazione di una domanda ben precisa da parte dell’inquisitore e se la risposta , il più delle volte estorta , era affermativa , l’inquisitore poteva stare tranquillo , la sua verità storica era stata provata , la sentenza di colpevolezza era inevitabile così come la successiva condanna al rogo.

Passata la grande bufera della caccia alle streghe , perpetuatasi per tutto il ‘600 , anche se in modo decrescente, l’associazione del fenomeno con Benevento ed il suo noce andò sempre più attenuandosi , pur rimanendo un classico della letteratura in tema di streghe e, soprattutto, nella memoria e nella cultura popolare , specie meridionale.

Nella prima metà del ‘600 , un cittadino beneventano , il protomedico Pietro Piperno (tale era considerato chi assolveva l’onere di coordinare l’opera medica nella provincia territoriale ) , preoccupandosi della cattiva fama che Benevento s’era fatta e continuava ad alimentare per via dei processi alle streghe nelle cui confessioni veniva indicato come luogo di sabba , si adoperò , con alcuni suoi libri scritti tra il 1635 e 1640 , a dimostrare che Benevento era estranea all’attività e raduni delle streghe , e che il suo noce aveva sì un nesso con rituali magici , ma non certamente nella misura in cui lo facevano apparire le persone accusate di stregoneria .

In passato, era esistito un noce leggendario con particolari riferimenti storici , ma la nomea di città delle streghe che Benevento si era fatta , a partire dal ‘400 , era completamente infondata. Era questo l’obiettivo di Pietro Piperno ed in tal senso si adoperò , utilizzando anche la sua nomea di astrologo , storico , scrittore ed altro, cosa che a quel tempo suscitava forte credito popolare. Ma a prescindere da una forte considerazione campanilistica , sicuramente la professione medica , gli incarichi esercitati e l’attività di scrittore mettevano in risalto la sua figura nell’ambiente beneventano .

La famiglia dei Piperno era di origine romana , di casata nobile , secondo affermazioni dell’epoca , e proveniva dal basso Lazio , da Priverno , trapiantatasi a Benevento verso il 1550 . Pietro Piperno , da non confondersi con l’omonimo nipote autore di drammi sacri , scrisse tre libri.

Il primo libro , dal titolo ” Medicae petrae “ , tratta del clima e della salubrità di Benevento e del suo circondario , è il meno connesso all’argomento in questione . Pubblicò , poi, il ” De magicis affectibus “ ed il ” De nuce maga ” che fu, quest’ultimo , dal Piperno rielaborato in italiano nel 1640 . Nella sua famiglia sembra ci sia stato un fratello , Giovanni , teologo e abate di Santa Maria de Granatellis che lo avrebbe aiutato, come teologo , nella redazione del preludio al ” De magicis affectibus ” .

Tra i vari ruoli svolti risulta che abbia destinato un proprio fondo alla coltivazione di piante medicinali e che abbia aperto anche una scuola di medicina e filosofia.

Tra i suoi pazienti si annovera il celebre domenicano Domenico Gravina , teologo della Curia di Napoli e professore di teologia in quella Università . I suoi consulti al Gravina , erano riferiti ai disturbi di ” melanconia ipocondriaca “ e di cui si accenna in uno dei capitoli del ” De magicis affectibus “ . Si ritiene che i suoi rapporti con l’ambiente ecclesiastico fossero stati abbastanza stretti . Infatti, è ai prelati che Pietro Piperno dedica la quasi totalità delle edizioni dei suoi libri . Pietro Piperno ebbe, anche, incarichi di fiducia sia dagli arcivescovi che dai governatori e certamente ebbe ruoli di consulente medico in vari processi di stregoneria celebrati presso il tribunale vescovile di Benevento . La sua morte si ritiene, per certo, che sia avvenuta nel 1642

Pietro Piperno , nel suo intento di riabilitare la città Benevento , ripercorre un periodo storico della città a far data dalla presenza dei longobardi nel beneventano durante l’alto medioevo , e rifacendosi ad un loro antico culto presso il mitico noce. Consultando alcuni documenti nella ” Biblioteca Capitolare ” di Benevento , Pietro Piperno visiona alcune carte riguardanti la ” Vita di san Barbato “ , antico Vescovo di Benevento all’epoca dei Longobardi.

Quando nel 663 , la città di Benevento è posta sotto assedio dalle truppe bizantine di Costanzo II , il Vescovo Barbato riesce ad ottenere la conversione dei longobardi alla religione cattolica e l’abiura delle loro antiche credenze e cerimonie pagane in cambio di una sua richiesta di intervento e protezione divina atta a scongiurare la sconfitta dell’esercito longobardo. La sua intercessione trova accoglienza nella vittoria dei longobardi che accettano volentieri di rinunciare ad ogni culto pagano ed allo sradicamento di ogni simbolismo ad esso collegante.

L’autore dei documenti che Pietro Piperno visiona , con riferimento agli antichi riti longobardi , ne menziona uno in particolare che avveniva nei pressi di un grande albero di  noce. Alla luce di grandi falò accesi intorno al noce , dove appendevano una pelle di caprone , i cavalieri longobardi erano soliti destreggiarsi nell’uso dell’arco . La coreografia , abbastanza fantasiosa , voleva che i cavalieri longombardi cavalcassero stando in groppa al cavallo in verso opposto, e durante queste gare di abilità cercavano di colpire la pelle di un caprone appesa all’albero di noce con il lancio delle loro frecce e mangiandone i lembi man mano che essa si sfilacciava . Piperno ritiene che questo rinvenimento documentale sia importante per spiegare con sufficiente convinzione che questo rito , con una sua certa maestosità ed ingigantito dall’immaginario sociale beneventano , nel corso del tempo abbia fatto breccia nella fantasia popolare e non solo, fino a trasformarsi in un raduno collettivo notturno dove però si inneggiava al diabolico e dando così inizio alla leggenda del sabba .

Si consideri, anche, che un altro rito longobardo vedeva le donne della tribù danzare e cantare a voce alta , sempre alla luce di numerosi falò e sempre intorno ad un albero, il che corrobora il già menzionato ” Rito dei cavalieri “ , facilitando la leggenda dei riti particolari intorno al noce. Ad ogni buon conto , ritornando a san Barbato , questi dopo aver scongiurato la sconfitta dei longobardi ad opera dei bizantini , ottiene da Romualdo , il duca longobardo , lo sradicamento del noce e la sua distruzione facendolo bruciare. Probabilmente la fantasia del popolo ne fa salve le radici , e queste a distanza di tempo rigermogliano la pianta facendola diventare ancora più grande di prima , raccogliendo intorno a se quel simbolismo di superstizione e nomea che avrà una ricaduta tragica nella caccia alle streghe e nei processi inquisitoriali ad essa connessi.

La ricostruzione storiografica di Pierto Piperno è ” poco attendibile ” : il tempo trascorso dalla vicenda di san Barbato , VII secolo, all’inizio della caccia alle streghe , XV secolo , evidenzia una forchetta cronologica molto ampia  per avere un certo credito. Inoltre, è una ricostruzione storiogrfica fantasiosa come l’esistenza stessa delle streghe , ma il rifarsi continuamente ad essa , anche da parte di autori successivi , ha finito con il farla identificare con la leggenda del noce.

La leggenda del sabba si alimenta di altri miti che con Benevento ed i longobardi non alcun nesso nesso. Ma al tempo di Piperno i suoi libri potevano assumere carattere “ scientifico “ sia per il motivo che egli fosse un medico sia perché la sua tesi storiografica era supportata dai documenti reperiti presso la Biblioteca Capitolare . Per cui gli scrittori che si sono occupati di stregoneria , non gli storici , hanno dato credito ai suoi libri.

L’opera di Pietro Piperno fu ulteriormente ampliata da alcuni suoi discendenti ; si pensa che sia il figlio Nicolò , di professione avvocato , che il nipote Pietro , con alcune commedie scritte e rappresentate in tutta Europa , di cui più di una riferita al culto diabolico della noce beneventana , avessero contribuito molto alla diffusione della leggenda ed a perpetuarla nella cultura del tempo , soprattutto quella popolare del tenimento beneventano che pensava di potersi giovare della fama del noce a prescindere dal suo mito malefico.

Durante il periodo storico della caccia alle streghe , non risulta che Benevento ed il suo tenimento (che dipendeva dallo Stato Pontificio ) siano stati particolarmente esposti a processi inquisitoriali : si ritiene che circa duecento processi per stregoneria siano stati celebrati dall’ Inquisizione ecclesiastica locale . Tutti i documenti relativi a questi processi sarebbero stati fatti sparire dall’Archivio Arcivescovile di Benevento  nel periodo , 1861, precedente l’arrivo in città delle truppe piemontesi e garibaldine ed il cui ritrovamento avrebbe alimentato ancor più l’anticlericalismo lamentato dallo Stato Pontificio del tempo.

Certamente, rimane tutto un residuo di cultura popolare che , a partire dall’alto casertano , lambendo il Molise, comprendendo tutta la zona del Sannio e dell’alta Irpinia , per tutto il ‘900 ha conservato e trasmesso nomi , luoghi , riti, appellativi che facevano parte , ed in certi luoghi ancora presenti , di un vissuto storico spesso confuso con quello quotidiano.

Il termine ” janara ”  è un classico di quanto succitato e la sua etimologia è fatta risalire sia a ” ianua “ – termine latino che vuol dire ” porta “ , e le streghe insidiavano le porte delle abitazioni – sia a Diana , la dea dei ludi notturni , il cui nome con il passar del tempo avrebbe subito una modifica iniziale con la sostituzione della D con la J .

Janara era ritenuta la donna nata nella notte di Natale , circa la mezzanotte , mentre se a nascere fosse stato un uomo egli era destinato a diventare ” lupo mannaro “ , che nel periodo intercorrente tra il 10 Dicembre ed il 10 Gennaio , durante il plenilunio specialmente , era soggetto a metamorfosi notturne .

C’è una diceria antica che spesso si è sentita raccontare : le donne nate nella notte di Natale , quindi destinate ad essere streghe , avevano una sola possibilità di salvarsi da questo loro divenire janare : alla mezzanotte del giorno in cui compivano il loro diciottesimo anno , esse e solo esse avrebbero sentito il loro nome venir pronunciato per tre volte , come se fosse stato un appello. Se avessero evitato di rispondere , in qualsiasi modo , avrebbero evitato di diventare streghe . La consapevolezza di ciò , non avrebbe aiutato le neo-streghe a non rispondere , lo avrebbero fatto inconsciamente . L’unica cosa attuabile era quella di dare un rumoroso festino in casa della donna , sperando che il vocio forte dei presenti ed i fumi dell’alcool bevuto la distogliessero da quella chiamata rituale , se non avesse risposto neanche al terzo richiamo il maleficio non si sarebbe avverato

La notte di Natale e la notte di San Giovanni , il 24 Giugno , erano le date preposte a trasmettere il formulario per praticare alcuni incantesimi , come liberare chi cadeva vittima di una ” fattura “ oppure togliere il ” malocchio ” . Tra queste procedure troviamo l’uso delle gocce d’olio fatte cadere in un piatto colmo d’acqua dopo aver recitato una particolare formula in cui si invocava la Santissima Trinità , e si faceva attenzione al diramarsi o meno delle gocce d’olio a contatto con l’acqua. Ed ancora, la pratica del ” setaccino “ , compiuta da due persone , come arte divinatoria, ma ritenuta pura negromanzia in quanto veniva evocata l’anima di un defunto.

Pietro Piperno si è attivato per sfatare la leggenda di Benevento e del suo noce , ma non si è affatto defilato dalla credenza nelle streghe e nel loro operato malefico . Nel testo ” De magicis affectibus ” , che ancora conserva la sua pubblicazionein latino , Pietro Piperno è molto prodigo nel descrivere la cura delle malattie magiche contratte , come si pensava , con la mediazione di una strega legata da un patto al diavolo che le conferiva specifici poteri . Per Pietro Piperno, la cura di tali malattie era possibile ma riteneva che insieme all’opera del medico andasse coinvolta anche l’opera del sacerdote .

Secondo il Piperno , il medico non deve lasciarsi coinvolgere con la sua arte in casi di malattie riferite solo a superstizione popolare e che con la magia diabolica non hanno alcunché in comune. Al contrario , le malattie propriamente magiche vanno curate con i rimedi della medicina e con gli antidoti religiosi ; inoltre un bravo medico deve saper discernere i casi di malattie magiche immaginarie ed anche la finzione di esse create ad arte per scopi personali.

Nel suo primo libro ” Medicae petrae “, pubblicato nel 1635 e dal quale rielaborerà il secondo , il ” De nuce Maga “ , tradotto nel 1640 in un italiano del tempo , Piperno fa riferimento a vari argomenti e ad ognuno dedica un capitolo toccando i seguenti punti : 1) le malattie magiche; 2) i rimedi superstiziosi; 3) la cura medica ; 4) le malattie magiche inesistenti ; 5) la terapia religiosa ; 6 ) i casi particolari .

Egli,  inizia con lo scrivere sull’esistenza dei demoni , e poi continua argomentando sull’esistenza degli angeli e di seguito sull’essenza dei demoni , sul fenomeno diabolico , sulla possibilità che un demone possa vincolare il libero arbitrio dell’uomo , sulla distinzione dei demoni , sulle malattie magiche e loro distinzione , le cause delle malattie magiche ed elenco di esse , i veleni ed essenze, i segni delle affezioni magiche , la conoscenza del genere dei demoni , i segni della guarigione e gli effetti del presagio. Passa, poi, alla cura delle malattie magiche : la conoscenza dei rimedi superstiziosi e come evitare i malefici, la luce della notte , sulla liceità del rimedio dei veleni , l’applicazione dei rimedi come arma , la liceità di attivarsi per la desistenza del male , infine il cessare dell’opera del male con la morte della strega .

Sempre per quanto riguarda il primo libro, il ” Medicae petrae “, Pietro Piperno si dilunga ad elencare i rimedi naturali che possono curare le malattie magiche: rimedi fisici quali l’uso di erbe come la verbena , la ruta , la peonia , il lauro , l’iperico (nota come l’ ” erba di san Giovanni “ , il cui estratto allevia la depressione e la malinconia migliorando l’umore di una persona ) .

Con riferimento ai rimedi medici , Piperno lamenta una scarsa collaborazione medica in tal senso . Accenna ai mezzi alimentari che possono essere utilizzati quali cure per coloro che sono volenterosi di essere curati , sull’utilizzo dei farmaci e sul mezzo chirurgico. Ed ancora , menziona gli effetti dei medicamenti purgativi, sull’estratto di elleboro nero e dell’anti-monio , sull’uso di antidoti come il bagno e la frizione con oli ed impiastri .

La parte finale del libro tratta la preservazione dai malefici , gli stratagemmi curativi , sulla forza dell’immaginazione, sulle false immagini e stratagemmi, sul giovamento nel segnarsi le membra del corpo: testa, capelli , naso , denti , polmoni , mammelle , utero vescica. Fa riferimento all’ osservazione degli stratagemmi e su vari esempi di essi , alla conoscenza delle scritture e ad una prefazio alle diverse cure.

Piperno conclude il suo ” De magicis affectibus ”  trattando sulla validità delle orazioni , su san Barbato e sugli esorcismi , accennando poi ai rimedi particolari ed ai rimedi per eccellenza. L’autore , nel suo scritto , si è servito ampiamente della letteratura demonologica del tempo. Fra gli autori citati da Pietro Piperno , considerando il tema trattato , fa ampio riferimento ai teologi ed ai Padri della Chiesa , come sant’ Agostino d’ Ippona , nonché ad autori della scolastica , come san Tommaso d’Aquino .

Essi ed i loro commentatori , Piperno li menziona più per avallare principi generali che come sostegno alla ” teoria della magia diabolica ” .  Per quest’ultimo punto , il medico beneventano si riferisce alla letteratura demonologia degli ultimi due secoli, quindi agli scritti di inquisitori , esorcisti , giuristi , dando spazio al teologo e predicatore tedesco Giovanni Nyder , autore del ” Formicarius “ , agli inquisitori tedeschi Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger , autori del ” Malleus Maleficarum ” , al giudice criminale Paolo Grillandi con il trattato ” De sortilegiis “ , al precursore degli esorcisti Girolamo Menghi con il ” Flagellum daemonum “ ed al gesuita belga Martin Antoine Del Rio ( soprannomimato dall’umanista olandese Justus Lipsius “ il ricercato del secolo ”  e definito da Voltaire “ il procuratore generale di Beelzebuth “ ) , autore del ” Disquisitionum magicarum libri sex ”  che parla di magia e occultismo .

Pietro Piperno conosceva, però, poco il ” De praestigiis daemonum “ del medico renano Johann Weyer , allievo dell’occultista Cornelio Agrippa, e ne ignorava la spiegazione della strega come figura femminile , una posizione allora preminente che il medico di Benevento voleva illustrare. Ma egli ignorava, anche l’oppositore di Johann Wier , l’ abate Jean Bodin con i suoi ” Six livres de la République “ , che era sulla sua stessa linea di pensiero , ed essendo Johann Wier protestante e Jean Bodin non medico , nel Meridione erano in odore di eresia ed i loro libri non erano in commercio . Conosceva, invece,  Paracelso, medico e rappresentante maggiore del naturalismo tedesco del rinascimento . Nel testo ” Medicae petrae ” , Pietro Poperno cita più volte Giovanni Battista della Porta , ma inspiegabilmente non lo menziona nel ” De magicis affectibus ” . Jean Wier , Paracelso e Giovanni Battista della Porta erano medici , e Piperno , sia come medico che come persona impegnata nello studio e nei rimedi alle malattie magiche , a loro fa continuo ricorso , come pure nei confronti di autori antichi , come Ippocrate Galeno , Avicenna , Aristotele , Plinio il Vecchio.

Le fonti ed i libri cui il Piperno si rifà hanno soprattutto la funzione di confermargli il pensiero dei suoi contemporanei ed il proprio. Pietro Piperno era proteso a trovare conferma , nel pensiero degli studiosi citati , alle convinzioni in lui maturate con l’esercizio della sua professione e con la lunga frequentazione di sacerdoti esorcisti . Se scrive e discute di magia , quindi , è perché ne ha diretta esperienza , e questa sua condizione , in un certo modo privilegiata , lo induce ad interessarsi ed a curare le malattie magiche , ambito in cui , secondo lui , regnava approssimazione e disordine. Le sue convinzioni si basavano sulle letture e sulle esperienze professionali.

Piperno era fortemente convinto che determinate sofferenze umane siano provocate da uomini e donne che in virtù di un patto diabolico , dal quale trarrebbero particolari poteri , sono soliti fare del male . Il demonio , quindi , più che agire da solo incuneandosi tra i varchi aperti del corpo , preferisce servirsi della mediazione dell’uomo , che ovviamente diventerà una sua conquista. Il medico beneventano , a supporto di questa sua convinzione, cita donne che sottoposte a processo inquisitoriale confessano delitti compiuti a danno di bambini , come nel caso delle ” maleficae “  Nobilia e Violante . Piperno non considera, però, il ruolo avuto dalla tortura in confessioni del genere , e neanche , come accennava un secolo prima il già menzionato Johann Weyer , la possibilità che tali ammissioni fossero fatte da menti malate. Critica, invece, le affermazioni del medico e professore universitario Antonio Santarelli che pur ammettendo la malattia magica ne considerava la rarità .

Santarelli , diceva Piperno , ” pur se dotto medico , non ha mai avuto esperienza di osservare una manifestazione di malattia diabolica ” . Il diavolo , secondo Pietro Piperno .  ” si attivava nello sviare e nel lasciare falsi segni confondendo le menti ; e di questo ne era consapevole la Chiesa e ve n’era traccia nelle Sacre Scritture. “

Piperno si chiede , ovviamente , come distinguere le malattie magiche da quelle causate da agenti naturali , ma ammette la difficoltà della distinzione in quanto le malattie diaboliche presentano una sintomatologia simile a quelle ordinarie che già sono difficili da diagnosticare di per sé . Spesso si può essere tratti in inganno nel diagnosticare e quindi , sempre secondo il Piperno ,  ” bisogna fare attenzione ad alcuni segni evidenti sul corpo del soggetto o al suo comportamento che possono indurre a far propendere un medico coscienzioso e preparato per una certa diagnosi e cura. “

Una persona che non mangia capretto , per esempio , non necessariamente deve essere configurata come malefica in quanto tale animale ha una forte attinenza con il “ caprone “  diabolico del sabba. Per Piperno, l’unico criterio per non restare confusi od ingannati nel sincerarsi della presenza o meno di una manifestazione magica è il fare riferimento ad un ordine naturale e riconosciuto delle cose , la cui trasgressione , seguendo la teologia cristiana , può essere ascrivibile a creature separate dagli angeli . Piperno fa distinzione tra i soggetti più predisposti ad essere vittime di malefici e quelli invece più aggredibili dal demonio per stipulare un patto con lui.

Tra i primi troviamo i bambini ed i soggetti cosiddetti ” melanconici ” mentre tra i secondi , i più soggetti alla stregoneria sono , per Jean Bodin e per gli autori del ” Malleus maleficarum ” Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger , tutti antifemministi , le donne . I soggetti ” melanconici ” così come i bambini , hanno poche difese immunitarie e sono facilmente aggredibili da chi vuol loro far del male .

Per i bambini non battezzati poi , c’è una certa predilezione da parte dei malefici perché da essi si ricavano unguenti da utilizzare per i sabba . Anche uomini e donne con particolari fattezze nei lineamenti , continua il Piperno , ” sono prede prelibate da parte di maghi e maliarde “ . Quando ci si trova in presenza di malesseri di sospetta magia , consiglia Piperno , ”  è bene cercarne la causa in un maleficio , sortilegio che viene preparato sempre dal maligno su direttive dei suoi adepti. L’opera del male può verificarsi direttamente sulle funzioni corporali della persona o addirittura nella ingestione involontaria di corpi estranei , di qualsiasi natura , e che in caso di guarigione vengono espulsi tra lo sconcerto dei presenti “  : e di questo Piperno ha avuto varie esperienze . Tutto questo , il medico di Benevento lo precisa , non può avvenire , come sortilegio , semplicemente con sguardi , immaginazione o lettere , ma con l’intervento diretto del maligno .

Piperno ha una concezione molto centrale del diavolo e della sua opera , allo stesso modo di altri demonologi che lo hanno preceduto , come Johann Wier. E questo suo concetto lo porta ad immaginare una gerarchia di essi , un numero , e dei nomi ai quali alcuni fanno riferimento.

Cercare di identificare un demonio è importante , per Piperno , ai fini di neutralizzarne l’opera . Allo stesso modo è opportuno  ” cercare di identificare , facendo attenzione a particolari segni o comportamenti , la figura della strega e del mago. Se delle persone evidenziano difficoltà nel segnarsi , o presentano lividure sul corpo , non mangiano capretto – con riferimento a quanto già detto – non si accostano ai sacramenti , o se hanno pupille con segni particolari , è bene prestare attenzione ad esse perché potrebbero essere adepte del maligno”, scrive Pietro Piperno.

Con riferimento alle modalità con le quali alcune persone stipulano il patto diabolico , Piperno , ripercorrendo già quanto su ciò detto da autori da lui ritenuti maestri , Francesco Pico , Paolo Grillandi , Martin Antoine Del Rio , specifica come esso , il patto , sia di due tipi: ” patto tacito ” e ” patto esplicito ” . A sua volta , il patto esplicito si configura in tre sottospecie : patto stipulato in forma solenne , in forma privata , e tramite procura .

Il primo , il  patto stipulato in forma solenne  , per la sua forma particolare . potrebbe prevedere addirittura la presenza di Lucifero , e contempla l’abiura dei sacramenti e della fede cristiana . Tale rito sarebbe documentato, secondo Piperno , da verbali di processi , conservati presso la curia arcivescovile di Benevento . Il ” patto privato ” comporta, invece, solo la presenza di un demonio di gerarchia inferiore che assolverebbe il ruolo di attendente vita natural durante. L’elenco delle malattie magiche che Pietro Piperno fornisce è talmente ampio da non lasciare quasi nessuna tipologia di malanno dovuta a cause naturali.

Il medico beneventano inizia col menzionare le malattie magiche riferite alla mente umana : delirio , epilessia , insonnia , incubi e tachicardia . Seguono poi le disfunzioni sessuali , quali impotenza , frigidità , sterilità ed anche aborti continuati . Tutto è riconducibile a ” fatture ” ,  (  o ,  ”  legature magiche “ ) ,  ed in questo Piperno si rifà, anche, a teorie contenute nel ” Malleus maleficarum ”  di Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger .

Un altro ambito di malattie magiche è da riferire alla prima infanzia e a disturbi post-parto : come esempio , l’ingorgo mammario , l’essiccazione del latte materno , i vermi intestinali , le febbri esantematiche , il dimagramento, etc. anche queste tipologie di malanni , il Piperno le riconduce al ” malocchio ”  ed  a   forme di fascinazione varie .

Pure per quanto riguarda le malattie contagiose , dove Piperno , da medico , potrebbe derogare a cause diverse dalla magia , rientrano nei casi di malefici , come , per esempio , la peste che colpì la città di Milano , nel 1630 . Piperno corrobora le sue teorie sulle origini delle malattie citate , con la sua esperienza ed osservazione di medico . Egli cita, manifestando il suo sconcerto relativo , il caso di  ” una persona affetta da maleficium taciturnitatis che neanche se sottoposta a significativa forzatura riusciva ad aprire la bocca e parlare , come capitato a dieci monache indemoniate nel monastero di Celenza “ , in provincia di Foggia.

Come accennato, Pietro Piperno non è affatto contento di come i suoi colleghi medici praticano la terapia nei riguardi delle persone affette da malattie magiche : ” lo fanno in modo non appropriato , adottando cure piuttosto valide per malattie ordinarie , e quasi timorosi di alterare la loro immagine professionale nel dedicarsi all’assistenza medica a malati di maleficio  “ .

Essendo egli , Pietro Piperno,  responsabile dell’assistenza medica in tutta la provincia di Benevento , i suoi suggerimenti , terapie , e modalità di intervento dovrebbero rivestire una particolare importanza . Egli conosce la mentalità cittadina e rurale di Benevento e sa quindi che in materia di malefici in atto o consumati , determinate procedure popolari , o per dirla con il gesuita belga Martin Antoine Del Rio “ cure superstiziose “ sono solo inutili , come praticare terapie o fare assumere pozioni o tisane al canto mattutino del gallo, che avrebbe l’effetto di vanificare certi incantesimi . Altra usanza , era quella di curare i febbricitanti facendoli uscire dalla città e farli rientrare a Benevento dalla porta detta ” Calcare “  con divieto di voltarsi indietro. Tutto ciò , unito a pratiche superstiziose fatte di gesti , parole immagini, a volte amalgamandolo con riti cristiani . Per Piperno,  ” sono solo espedienti errati, come quello di curare un maleficio ricorrendo al mago che l’ha prodotto ”  . E qui il medico Pietro Pipernp se la prende addirittura con il il gesuita belga Martin Antoine Del Rio che aveva ammesso tale possibilità , accusandolo di ” leggerezza perché tale iniziativa esponeva altri all’azione malefica del mago ”  .

Piperno propone altri medicamenti , di natura medica e naturale , ma è consapevole che è un percorso di guarigione molto lungo e difficile. La difficoltà della terapia e del suo esito risiede soprattutto nel fatto che il male è di natura soprannaturale , mentre la cura ha origine naturale : si tratta quindi di piani operativi diversi. Purtroppo il diavolo , anche se angelo decaduto , conserva un suo potere spirituale che non trova eguale tra i comuni mortali , il medico quindi deve essere molto accorto e preparato se vuole contrastarlo , considerato anche che l’avvento sulla terra del Cristo , Salvatore , ha limitato di molto il suo potere diabolico.

Per Piperno , la cura ha due precisi momenti : 1) capire da certi segni se si è in presenza di un male diabolico , 2) trovare e distruggere il maleficio che può essere , come già detto , interno o esterno al paziente .

La fuga dal sacro può rappresentare un chiaro segno relativamente alla presenza del maligno, ma le cose si complicano nella ricerca e configurazione del maleficio . Quindi ” fare attenzione , per quanto riguarda il medico , a determinate sofferenze corporee che possono trarre in inganno, attuare misure preventive e di difesa a possibili interventi di infiltrazione malefica , quali sguardi , fascinazioni , cibi e bevande che possono contenere veleni “ ,  scrive il Piperno .  Oltre a ricorrere ad antidoti per gli avvelenamenti , Pietro Piperno suggerisce normali rimedi dell’ambito medico , come  ” cambiamento d’aria , salassi , diete , purghe , cauterizzazione di ferite ulcerose che , tra l’altro, ha un effetto doppio in quanto ha attinenza col fuoco , cosa non gradita al maligno perchè gli ricorda l’inferno ” .

Piperno consiglia ai medici però di fare attenzione ai casi di malattie dettate dalla fantasia , ed è il caso di soggetti ipocondriaci , per la cui cura più che ricorrere a pratiche superstiziose suggerisce , per la serietà che egli attribuisce alla medicina , di ricorrere a finzioni di circostanza , come  ” il ritrovamento di un oggetto ritenuto di natura malefica , che ridanno tranquillità al paziente “ :  ed il medico beneventano non tralascia di menzionare vari casi capitatigli in tal senso e da lui risolti .

Sullo stesso piano della fantasia troviamo le simulazioni , attuate insieme ad altri espedienti da vari impostori che secondo Piperno potevano essere smascherati con l’uso di domande fatte ad arte .

Piperno è consapevole che nel contrastare la malattia magica , la sua attività di medico deve essere affiancata anche dall’azione sacerdotale . Egli ha sempre collaborato con il clero e tenuto in buon conto il pensiero della Chiesa , non prescinde quindi nella sua opera dal menzionare la ” curatio divina ”  e le ricette religiose tra cui il prontuario dei riti esorcistici da applicare in casi richiedenti tali pratiche . Piperno , nel suo scritto , si rapporta a quanto conteneva il cattolicesimo ufficiale del tempo , in tema di contrasto religioso all’opera del male .

E’ vero che si seguivano le direttive del Concilio di Trento , e questo rientrava nell’opera di controllo vescovile , che condannavano un esagerato riferimento all’ambito del diabolico ed alle sue ricadute nei rapporti sociali , ma un continuo , se non ossessivo , ricorrere ad un uso di orazioni , giaculatorie , benedizioni , segni di croce , amuleti protettivi e pellegrinaggi , appesantivano il vissuto quotidiano delle diocesi e di Benevento in particolare.

La pratica dell’esorcismo era , per esempio, diversa da quella contenuta nel Rituale Romano pubblicato da Paolo V nel 1614 , ma il Concilio di Trento non ne aveva tassativamente prescritto la forma di rito. Piperno precisa in modo chiaro che l’esorcismo ” va praticato nei confronti di un paziente affetto non solo da malattie magiche ma anche dalla presenza del demonio , quindi solo là in presenza di malattie magiche non richiede la pratica di esorcismo ” .

Il ” De magicis affectibus “ di Pietro Poperno riporta la formula di rito solo parzialmente riferita a quella del rituale ripreso e riformato di Paolo V . In essa, è presente un formulario contenente un carattere locale che si rileva da orazioni a santi venerati nel tenimento di Benevento , quali san Bartolomeo , san Barbato , san Donato , e san Filippo . Il ricorrere ad invocazioni alla Vergine Maria , ed ai santi Francesco ed Antonio , richiama l’attenzione su di un ambiente francescano presente a Benevento con il convento dei cappuccini .

Il capitolo del testo di Piperno riferito alla pratica di esorcismo , evidenzia le modalità del rito che si compone di alcune preghiere iniziali e letture bibliche seguite da tre ” esorcismi ” incalzanti nell’imporre al demonio a lasciar libero il corpo della vittima e di alcune preghiere finali inframezzate da ingiunzioni al maligno ad abbandonare il campo . La pratica del rito sviluppa una sua drammaticità , ma nel complesso è contenuta .

Nel rituale mancano riferimenti specifici alla figura della strega e vi sono solo accenni a maghi , saghe e malefici : tutto è abbastanza accentrato sull’imposizione del potere divino verso il demonio. Piperno evidenzia questo particolare in un crescendo di ingiunzioni e verso la fine del rito liberatorio si enumerano tutte le parti del corpo che il diavolo deve abbandonare con seguito di elenco dei malefici che le streghe devono astenersi dal compiere e relativi luoghi o modalità che sono precluse al compimento di malefici.

Nell’ingiungere al diavolo a lasciar libera la vittima , gli si ricorda , in modo imperioso , che  ” nel futuro gli è precluso ogni tentativo di nuocere alla persona liberata , e nel caso di demoni alquanto indugianti nell’ottemperare al comando impartito per potere divino , si prevedono per loro tormenti ancora più intensi di quelli a cui Dio già li ha sottoposti “ .

Può darsi che Piperno abbia un po’ troppo enfatizzato l’immagine del demonio , dandogli un ruolo centrale nella vita dell’uomo , almeno questa è l’impressione che si ha nel leggere il ” De magicis affectibus ” di Pietro Piperno : il rito sarebbe povero di contenuti biblici e incentrato troppo su comandi e poco su umili preghiere rivolte ad un Dio Onnipotente probabilmente più disponibile ad esaudire queste che altro.

Il secondo libro di Pietro Poperno , rielaborato da quello succitato , è il ” De nuce maga ” o anche ” Della superstiziosa noce di Benevento ” . Il volume , relativamente piccolo , si divide in quattro parti riferite a : 1) Origine del noce ; 2) Famiglie beneventane che per stemma e periodo si rifacevano al culto della vipera ; 3 ) Fama del luogo che richiamava streghe e stregoni da ogni parte ; 4 ) Riferimento al luogo ed al noce , così come ad altri luoghi di Benevento , al motivo per cui le streghe si radunavano di più in quel sito che in altri, ed al perché i partecipanti e i convenuti ai riti fossero soprattutto donne . L’ultima parte è scritta in latino ed è riconducibile a singoli casi di stregoneria.

Piperno dedica il libro al nobile Ottavio Billotta , la cui antica famiglia beneventana è fatta risalire dall’autore fino al tempo del vescovo Barbato, così come dedica il primo libro, De magicis affectibus, a Traiano della Vipera , altra famiglia nobile beneventana risalente lo stesso ai tempi di san Barbato. Il frontale del libro riporta una piantina dove viene evidenziato in alto , quasi al centro, un tempio con la raffigurazione di una serpe , simulacro dell’ ” Anfesibena” , simbolo dell’adorazione pagana dei longobardi al tempo di san Barbato , a destra , sempre in alto , vi è invece raffigurata una cappelletta , che si ritiene sia la chiesetta dedicata dal santo alla Madonna del Voto – derivante dalla conversione del Duca Romualdo dopo la vittoria dei longobardi sui bizantini – mentre in basso a destra c’è raffigurato il noce , o almeno si ritiene tale , con una lunga serpe aggrovigliata al tronco e con delle figure danzanti intorno ad esso .
Piperno localizza il ” noce ”  sul fondo del nobile Francesco de Gennaro , ma vi è discrepanza sul sito esatto .  Quello più verosimile sarebbe in località Piana della Cappella , a due miglia circa da Benevento e non lontano dalla riva meridionale del fiume Sabato nelle cui vicinanze ci sarebbe stato un antro pieno d’acqua dove in estate le streghe erano solite bagnarsi , onde il detto “ Ripa delle janare “ . Piperno in questo, fa riferimento a quanto confessato dalla ” strega Rosa ” durante il suo processo. Intanto Romualdo , stando a quanto scrive Pietro Piperno , anche dopo lo sradicamento del noce e contravvenendo alla promessa di conversione fatta a san Barbato , segretamente continua il suo culto pagano nell’idolatria della vipera o anfesibena . Ma Teodorinda , moglie di Romualdo , completamente convertita al cristianesimo , non solo mette al corrente san Barbato del comportamento del duca suo marito ma gli consegna pure il simulacro d’oro della vipera idolatrata da Romualdo . Il santo dopo aver severamente redarguito il duca , fa fondere il simulacro d’oro raffigurante la vipera e ne ricava un calice conservato nell’episcopio di Benevento.

Nella seconda parte del libro , come accennato , Piperno si dilunga nel trattare sulla storia delle due famiglie nobili beneventane , dei “ Billotta “ e dei “della Vipera “ , a partire dai tempi di san Barbato in poi , e sottolineando come entrambe le famiglie avessero adottato la figura della vipera come stemma delle loro casate in memoria dell’opera del Santo. Per di più il nobile Billotta avrebbe eretto nel punto in cui si riteneva stesse il noce , sul ” fondo del de Gennaro ” , un simulacro con epitaffio dedicato a san Barbato. L’autore, Pietro Piperno,  fa riferimento alle più note streghe del tempo che erano solite recarsi al noce di Benevento e tra queste vi era Violante da Pontecorvo , un paese del frusinate , la maga Menandra che abitava nella località che oggi è conosciuta come Grottaminarda che sorge ai margini dei ridossi collinari Catauro e Tamauro nell’avellinese , la maga Alcina che viveva poco distante da Benevento in località Pietra Alcina ( oggi Pietrelcina ) .

Piperno , nel testo , concilia il contenuto di trattati dei demonologi del tempo , come Paolo Grillando ( giurista di Castiglione del Conte in Abruzzo , giudice a Roma , risalente alla prima metà del 1500 ) e Martin Antoine Del Rio ( teologo e dottore in diritto a Salamanca ,vissuto nella seconda metà del 1500 , Anversa 1551 . Lovanio 1608- ), con elementi della cultura popolare locale .

E sul perché fosse proprio una pianta di noce , e non altre , ad essere menzionata quale luogo di raduno per le streghe ed i loro riti , Piperno asserisce che  ” la noce è da ritenere una pianta che la natura ha dotato di cose buone e di cose cattive , un giusto dosaggio delle sue proprietà è salutare , al contrario una manipolazione esagerata è nociva “  . Ed a proposito del frutto della noce , c è chi ne configura le sembianze , quattro lobi striati , alla conformazione del cervello umano , un simbolismo utile per chi intendeva praticare incantesimi utilizzando la magia simpatica .

Nella quarta ed ultima parte del libro , Piperno fa riferimento al sito della città di Benevento ed al luogo dove era ubicato l’antico noce fatto sradicare da san Barbato . Ma da quel noce e da quel sito , la superstizione rigenera di nuovo l’antico culto , come riferito da donne sottoposte a processi per stregoneria, e , scrive sempre il Piperno , ” nelle vicinanze del sito antico esiste un grande albero di noce , di forma concava , nel cui spazio potrebbero trovarvi riparo tre uomini ” .

Ai piedi dell’albero spesso sono state trovate ossa di carne fresca , per cui il sospetto che gli antichi riti abbiano lì trovato continuità , come in altri luoghi , è legittimo . E questo pensiero è rafforzato dal fatto che fin dal 1273 , in occasione di un regolamento di confini , lungo la strada che menava alle Puglie , si fa riferimento al noce delle streghe. Piperno , pur con dubbio , pensava che la perpetuazione dei sabba , nell’alto medioevo ed all’inizio dell’età moderna , presso il noce di Benevento fosse dovuta alla fama che ormai il luogo aveva , nel tempo , assimilato per quei riti , ed anche per la facilità con la quale la gente del luogo aveva recepito nella sua cultura popolare e superstiziosa , fin dai tempi dei longobardi , tale leggenda .

Piperno termina il suo libro spiegando la sua convinzione del perché la maggior parte delle streghe fosse appunto di genere femminile e non maschile. Citando Polo Grillando , ritiene che la prima spiegazione risiede nel fatto che ” la donna è più debole , ignorante e credulona , e per il diavolo è più agevole ingannarla e sedurla , allo stesso modo con il quale tentò ed ingannò Eva e quindi Adamo ”  , scrive Pietro Piperno .

Il secondo motivo , Pietro  Piperno lo addebita alla lussuria della donna ” che trova esercizio e appagamento in quei riti e che altrimenti non troverebbe ” . Il terzo motivo, secondo Pietro Piperno, si trova nella ” vanità della donna e nella sua inclinazione al diabolico ed all’assenza di una vita dedita ai precetti religiosi che potrebbero aiutarla a desistere dal commettere certi peccati ” .

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5 novembre 2015 · 16:53