Neanderthaliani del Circeo
I.
Antefatto
Era il 24 febbraio 1939 e alcuni operai di A. Guattari scoprono l’apertura di una piccola grotta che prenderà il suo nome; all’interno c’è il cranio di un neanderthaliano.
L’imboccatura della grotta è ostruita da sedimenti dell’ultima glacaizione ( Würm antico) (1) che hanno permesso la conservazione di una paleosuperficie su cui poggiano frammenti di calcare, ossa di vari animali ( fra cui iene) e un cranio : osservazioni dettagliate consentiranno al paleontologo Alberto Carlo Blanc di attestare che il cranio aveva la base fratturata e che si trovava nella parte più interna della grotta circondato da pietre disposte a cerchio. E’ sulla base di queste osservazioni che il reperto è stato considerato, fino ad oggi, un documento significativo di una complessa pratica di cannibalismo.
Questa interpretazione è oggi posta in discussione da alcuni studiosi. A questo proposito alcuni rilevano l’assenza di tracce di scarnificazione sul cranio, presenti invece, ad esempio, sui fossili di Krapina in Croazia e forse ad Engis in Belgio; inoltre si sottolinea che la base del cranio, fratturata nell’esemplare del Circeo, è una regione molto fragile e quindi soggetta facilmente a sfaldamento naturale.
Se da un lato è posto in discussione l’intervento umano come causa della deposizione del cranio sulla superficie della Grotta di Guattari ( o “ Grotta Neaderthal ” ) , resta da spiegare, però, come il tutto possa essersi verificato naturalmente, mancando anche tracce di trasporto dovuto a carnivori o ad eventi naturali.
II.
La Grotta di Guattari
Guattari, proprietario dell’albergo vicino alla grotta, informò della scoperta il paleontologo Alberto Carlo Blanc che effettuò un’attenta ricognizione.
Ne (ri)portiamo la narrazione che il paleontologo Alberto Carlo Blanc rese all’Accademia dei Lincei sul ritrovamento del cranio:
“ Ai primi di febbraio di quest’anno, il cav. A. Guattari, proprietario della Villa Guattari e dell’omonimo albergo, situato ai piedi del Monte Circeo presso San Felice, mi mostrava alcune ossa di Cervidi e di Equidi, che egli aveva rinvenuto operando uno scasso nel terreno adiacente al suo albergo, a ridosso di un’eminenza di calcare liasico, costituente l’estrema propaggine orientale del Monte Circeo. Le ossa appartenevano tutte ad animali ancora viventi in Italia, e non poteva quindi giudicarsi con certezza la loro età, ma il loro grado di fossilizzazione ed il fatto che alcune mostravano segni di frattura intenzionale mi indussero a fare calde raccomandazioni al Guattari, di non disperdere il materiale che veniva trovando, e di curarne la buona conservazione, in attesa di maggiori elementi di giudizio, insistendo inoltre sul fatto che egli avrebbe ben potuto fare, occasionalmente, qualche scoperta di grande importanza scientifica, come quella di un fossile umano. Ciò mi era suggerito dal fatto che da ormai vari anni ero venuto raccogliendo, nel vigneto Guattari, dei frammenti litici attribuibili al Paleolitico litoraneo, di tipo analogo a quello dell’industria esistente nelle grotte del monte Circeo e sulla costiera pontina: il che indicava che l’Uomo paleolitico aveva percorso e forse abitato quella località, così felicemente situata dal punto di vista topografico. In un sopralluogo compiuto il 15 febbraio, constatavo che nuove ossa fossili, sempre attribuibili ai medesimi generi, erano venute in luce, e rinnovavo le mie raccomandazioni al Guattari.
Il 25 febbraio, passando a San Felice Circeo, proveniente da Napoli e diretto a Roma, ebbi dal Guattari la notizia che il giorno prima, nella prosecuzione dello scasso, e nel medesimo punto ove erano state rinvenute le ossa fossili, il suo operaio Vincenzo Ceci aveva scoperto l’apertura di un cunicolo sotterraneo: il Guattari stesso vi si era avventurato carponi, giungendo dopo qualche metro in una vasta cavità interamente oscura il cui suolo era cosparso di ossa. La mattina stessa del 25 febbraio, prima del mio arrivo a San Felice, il Guattari e l’elettricista Damiano Bevilacqua, penetrati nella grotta, e visitando uno degli antri secondari che si dipartono dal vano centrale, avevano notato la presenza di un teschio umano, giacente assieme ad altre ossa, in uno degli antri stessi. Memore delle mie raccomandazioni e conscio dell’importanza del trovamento, il Guattari lasciò il cranio sul posto, dove io stesso dovevo poi ritrovarlo poche ore più tardi.
Nello stesso pomeriggio infatti penetrai con il Guattari nella grotta, procedendo carponi nell’angusto e tortuoso cunicolo e, giunto nel vano principale, constatai che il suolo era letteralmente cosparso di ossa e corna fossili, spesso arrossate e annerite, e talvolta intenzionalmente scheggiate. Prevalevano quelle riferibili a Cervidi ed Equidi. Questi fossili giacevano qua e là, sul terreno, appena ricoperti da un lieve velo di concrezione calcarea, assumente spesso la forma di una specie di infiorescenza, composta di piccoli mammelloni calcarei, rilevati e ramificati, coralliformi. Il vano principale, che ha una forma irregolarmente ovale, e misura circa m. 3,20 x 5 e circa m. 3,65 di altezza, si dirama lateralmente ai vari antri secondari. Sulla sinistra entrando, e passando sotto un arco piuttosto basso della vôlta, si accede a due antri intercomunicanti, l’uno terminante in un piccolo lago e l’altro, di forma subovale, di circa m. 4,10 x 5,40 di diametro, dell’altezza di circa m. 1,80, e che d’ora innanzi chiamerò l’Antro dell’Uomo, contenente il teschio umano.
Questo giaceva quasi al centro dell’antro, verso il fondo, assieme ad ossa di Cervidi, Suidi ed Equidi, scheggiate, tra alcune pietre disposte circolarmente. Quando io lo vidi, il cranio giaceva sulla sua calotta con la base rivolta in alto. Ma il Guattari mi disse che lo aveva preso tra le mani e che non escludeva di averlo rimesso al posto in posizione diversa da quella in cui originariamente si trovava, ché anzi si ricordava di aver visto in primo luogo la rotondità della calotta.
Questa affermazione e la natura e distribuzione delle concrezioni calcaree aderenti al cranio mi fanno ritenere che esso riposasse con la parte occipitale in alto. Constatata immediatamente sul fossile la presenza di accentuati caratteri neandertaliani, decisi di asportarlo, giudicando imprudente di lasciarlo ulteriormente sul posto, tanto più che numerose persone (ragazzi, donne, dipendenti del Guattari ecc.) erano penetrate prima di me nella grotta e ne avevano asportato varie ossa. Non avevo con me il magnesio necessario ad una fotografia. Del resto, essendo il cranio già stato mosso, l’importanza di una sua fotografia in situ sarebbe stata relativa, ed il rischio di lasciarlo sul posto era, ripeto, troppo grande. Decisi anche di non toccare le ossa e le pietre framezzo alle quali esso giaceva, e raccolsi solo una piccola scapola di Cervide, che era in suo contatto.
Raccomandai al Guattari di chiudere l’accesso della grotta e di non lasciarvi più entrare nessuno.
Giunto a Roma, procedei immediatamente a fotografare il cranio e lo consegnai la sera stessa al prof. S. Sergi, direttore dell’Istituto di Antropologia della R. Università di Roma.
Ritornando quindi sul posto il 28 febbraio in compagnia di G. A. Blanc e di S. Sergi, mi veniva consegnata dal Guattari una mandibola umana che era stata raccolta da un dipendente del Guattari stesso, Maddalena Palombi, nell’Antro dell’Uomo, a pochi decimetri di distanza dal cranio.”
III.
Vivevano di caccia e pastorizia
Come viveva l’uomo di Neanderthal ? Di quali standard tecnologici disponeva ? Si stanziava all’imboccatura di grotte o al riparo di pareti rocciose, ma non sempre. Si conosconono, infatti , strutture complesse come il sito di Molodova ( valle del Dinister ) dove una complessa struttura circolare, delimitata da grandi ossa di mammuth e con all’interno più tracce di focolari, è quasi sicuramente ciò che resta di una capanna.
Viveva di caccia e raccolta: nei siti preistorici è possibile raccogliere frammenti ossei delle specie animali cacciate che documentano la selvaggina presente nel territorio circostante la capanna.
Abbondanti sono le industrie litiche (2) lasciateci dai Neanderthaliani, spesso caratterizzate da una particolare tecnica di scheggiatura che consente di ottenere reperti di forma e di dimensione desiderata (tecnica di distacco di Levollois) (3) . Senza voler entrare hic et nunc in analisi dettagliate dei complessi litici, si ricorda soprattutto che alcuni strumenti , fra cui raschiatoi, denticolati e punte, sono frequenti in questa fase della cultura umana.
Ricordiamo che una particolare industria litica presente anche nella Grotta di Guattari del Circeo, si sviluppò nell’Italia centro-meridionale : i caratteri degli strumenti appaiono condizionati dall’utilizzo di piccoli ciottoli silicei, lavorati spesso con la tecnica del distacco bipolare.
IV.
Identikit di una specie
I Neaderthalini abitarono l’Europa e il Vicino Oriente per un lungo periodo del Würm antico, fino a circa 35.000 anni fa. L’evoluzione di questa specie può essere seguita a partire da 300.000 anni fa grazie ai reperti rinvenuti in Italia e in tutta l’Europa.
Il cranio del neanderthaliano della Grotta di Guttari al Monte Circeo appartiene alla popolazione, detta “ classica “ , che occupò l’Europa occidentale e ne rappresenta la forma tipica. I fossili di questa popolazione si caraterizzano rispetto all’uomo moderno per la modesta statura (circa 1,60 m ) e la robustezza. L’anatomia dello scheletro lascia supporre, infatti, dei muscoli potenti.
Anche se la capacità cranica dei Neanderthaliani è grande, dell’ordine di 1350 – 1750 cc., comparabile a quella degli uomini moderni e anche talvolta di più, l’architettura cranica è diversa : il cranio non è sviluppato in altezza come nell’uomo attuale, ma in lunghezza; vi è, conseguentemente, un allungamento di tutte le ossa della volta cranica: frontale, parietale, temporale, occipitale. La regione della nuca è allungata, e visto di lato, il cranio mostra uno “ chignon ”, cioè una ulteriore protuberanza nella regione occipitale presente anche in fossili più antichi come il Sinatropo.
La fronte è sfuggente, poco alta e sopra le orbite si nota uno spesso torus sopraorbitario continuo che forma una vera e propria visiera. La faccia è massicia, completamente proiettata in avanti e forma un muso. Gli zigomi non si trovano in posizione frontale come nell’uomo attuale, ma in posizione laterale, nel proseguimento del mascellare che è rigonfio. Questa particolare morfologia è detta in estensione in confronto a quella dell’uomo moderno detta in inflessione .
Sul piano culturale, i Neanderthaliani ci hanno lasciato delle testimonianze riconducibili al culto dei morti, quali ad esempio le sepolture.
La complessità delle loro strutture d’abitato, delle loro industrie litiche e della loro spiritualità giusticano la denominazione per questa popolazione di Homo sapiens neanderthalensis.
I Neanderthaliani scompiono circa 35.000 anni fa quando sostituiti da un’altra forma umana venuta dall’Est, con origine probabilmente mediorientale o africana; l’Europa e quindi l’Italia si popolano così di una nuova popolazione : i Cro Magnom.
V.
Una complessa spiritualità : il culto dei morti
I Neanderthalini seppellivano i morti : è questa una testimonianza della loro complessa spiritualità. La pratica funeraria dell’uomo di Neanderthal è documenta da ritrovamenti in Europa e nel Vicino Oriente. Nessuna scoperta in proposito è stata fatta, finora, in Italia.
In Francia, si ricorda la sepoltura di Chapelle – aux – Saints , scavata nel 1908 : il defunto, con gli arti inferiori flessi, era stato posto all’interno di una fossa scavata, in parte, sul fondo roccioso della grotta. Altre sepolture sono state ritrovate sempre in Francia in epoche più recenti. Di particolare significato è stato lo scavo di deposizione di adulti e bambini nel Riparo di La Ferrassie, che ha fatto presupporre la presenza di un’area sepolcrale .
Anche nel Vicino Oriente sono state rinvenute alcune significative sepolture, tra cui quelle di Šanidar in una grotta posta piedi dei monti Zagros, nella zona del Kurdistan, oggi Iraq nordorientale. In una di queste le analisi hanno evidenziato una altissima concentrazione di pollini, tanto da far pensare che il defunto sia stato posto su un letto di fiori.
L’ultima sepoltura scoperta nel Vicino Oriente è quella di Kebara, sul Monte Carmelo ( Israele). Il defunto era in fossa in posizione supina ( il corpo sdraiato a pancia in su, quindi in posizione orizzontale, con la schiena appoggiata al terreno) con le mani raccolte sul petto. La sepoltura è priva del cranio : è probabile che un secondo intervento dei neanderthaliani giustifichi la sua rimozione.
Appendice
Note
1. La “ Glaciazione del Würm “ è l’ultimo periodo glaciale verificatosi circa 80.000 – 10.000 anni fa ( il Würm è un affluente del Danubio).
2. L’ industria litica è un insieme di strumenti di pietra.
3. La “ Tecnica del distacco di Levallois ” è un procedimento utilizzato per ottenere delle schegge, lame e punte di forma predeterminata ( Levallois-Perret è un sito dell’Alta Senna ).
Bibliografia
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Alberto Carlo Blanc, “ Antichi giacimenti paleolitici del Lazio “, Ed. Studi Romani, Roma, 1941
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Atti XXVII riun. sc. IIPP, “ Applicazione di metodi matematici e statistici nell’analisi spaziale di siti del Paleolitico”, 1989
Giacomo Giacobini e Francesco D’ Errico, “ I cacciatori neandertaliani “ , Jaka Book, Milano, 1986
AA.VV., “ I Neanderthaliani ”, Catalogo mostra permanente, Stampa Offset, Viareggio, 1986
Alberto Broglio e Janusz Krzysztof Kozłowski , “ Il Paleolitico : uomo, ambiente e culture ” , Jaka Book, Milano 1987
Carlo Perretto, “ Homo. Viaggio alle origini della storia. Testimonianze e reperti per 4 milioni di anni ” , Cataloghi Marsilio, Venezia, 1985
Fiorenzo Facchini, “ Il cammino dell’evoluzione umana”, Jaka Book, Milano, 1985
Arlette Leroi-Gourhan, “ Pollen grains of Gramineae and Cerealia from Shanidar and Zawi Chemi “, in “ The domestication and exploitation of plants and animals “ Peter J. Ucko and G. W. Dimbleby editors, Gerald Duckworth & CO LTD, London, 1969 (pp.143-148)
Franco Simeone, “La scoperta dell’aldilà. Riti e credenze all’origine dell’uomo. Immagini e passaggi nel Paleoltico superiore. “ , alfabetasx.wordpress.com , 20 dicembre 2012