Attila József, lirico proletario.

Attila József

 

Attila József, lirico proletario.

E’ anzitutto da un impetuoso bisogno di coscienza che nasce la poetica di Attila József . Attraverso la coscienza e la parola del poeta la realtà diventa trasparente a sé stessa. C’è in Attila József quasi un’epica della coscienza, che prende forma ed esce dall’indistinto dando voce ad un’oppressione che dura da secoli ( “centomila anni “ , “ centomila avi “ ) .

 

Da centomila anni sto guardando
quello che ora soltanto vedo.
Dunque è un attimo tutto il tempo
che centomila avi in me stanno guardando .

Quello che non videro, intenti a zappare,
a ubbidire, a uccidere, ad amare,
e quello che vedono, giù nella materia,
più a fondo di me – bisogna confessarlo.

Ci conosciamo, noi, come la gioia il dolore.
Io posseggo il passato, essi il presente.
Scriviamo versi – mi guidano la penna.
Ricordo, e in me li sento .

 

Così, pensava Attila József, la poesia è necessaria alla classe operaia . E  il “ poeta socialista” deve conoscere a fondo le condizioni della sua attività di produttore di coscienza. Il suo compito e la sua ispirazione sono universali e sociali : come universale e sociale è , nello stesso tempo, la coscienza di classe degli operai. Perciò, scrive Attila József, “ tutto quanto faccio entrare in una poesia deve avere senso per tutta la società, In sostanza, il contenuto della forma artisticamente è sempre universale e sociale “ .

In un Paese nel quale la borghesia delle professioni h avuto uno sviluppo tardivo non riuscendo ad assumere un preciso ruolo politico, questo ruolo, fin dalla insurrezione nazionale del 1848, è stato svolto per lo più d piccoli gruppi o da figure isolate di intellettuali e scrittori. Nelle pagine in cui il poeta ungherese Attila József si sforza di costruire una adeguata teoria marxista della poesia e dell’arte, questa decisiva importanza storica intellettuale-scrittore è evidente e dichiarata. Già gli altri due grandi poeti ungheresi, Sándor Petőfi e Endre Ady de Diósad, erano stati protagonisti della storia politica e culturale dell’Ungheria.

In un saggio citato da Beatrix Töttössy nella sua introduzione, il filosofo e critico letterario György Lukács forniva un quadro di questa situazione degli scrittori ungheresi, capaci di interpretare una condizione storica in quanto proprio in quanto sdraticti : “ Non esiste una cultura nella quale “  scrive Lukács, gli intellettuali “ possano inserirsi, e la vecchia cultura europea per questo aspetto non significa nulla, quindi la comunità che essi vagheggiano potrà realizzarsi solo in un futuro lontano “ . Nel suo “isolmento immenso (…) l’uomo ungherese di oggi ha bisogno della rivoluzione . Non perchè il tempo della rivoluzione sia arrivato o perché essa sia utile, né perché porterebbe con sé dei nuovi valori e distrugerebbe le vecchie ingiustizie, ma per avere un terreno nel quale piantare il suo amore senza radici “ .

Figlio della classe operaia e nello stesso tempo solo e senza radici era anche Attila József, di una generzione più giovane, rispetto a Endre Ady de Diósad e György Lukács . Attila József è il poeta degli anni che vanno dalla fine della Repubblica ungherese dei soviet ( 1919) alla restaurazione autoritaria di Miklós Horthy de Nagybánya , che instaurò un regime repressivo durato fino alla Seconda guerra mondiale.

Poeta dissonante ed espressionistico, ma anche portato realizzare uno stile di classica perfezione, Attila József pubblicò nel 1922, a soli 17 anni, il suo primo libro di versi . I suoi versi violenti e provocatori esprimevano una disperazione innocente e blafema in cui tutta una generazione giovani ungheresi poteva specchirsi.

Ma i suoi rapporti con l’ambiente letterario e il Partito comunista clandestino ( a cui aderì nel 1930) furono sempre difficili, se non drammatici. Criticato ferocemente dai comunisti ungheresi emigrati in Russia, non invitato al Primo congresso degli scrittori sovietici che si tenne a Mosca nel 1934, Attila József riuscì anche ad alienarsi con la sua indipenza di pensiero la maggior prte dei critici : “ Negli anni Trenta József  non riuscì a modificare l’atteggiamento ostile della critica ufficiale e raccolse uno scarso consenso presso la stessa critica progressista. Il peggioramento della sua neurastemia e le gravi ristrettezze segnarono gli ultimi anni di un vita conclusa col suicidio “ (A. Di Francesco – M. Kosezgi )  avvenuto il 3 dicembre 1937, a soli 32 anni , a Balatonszárszó, travolto da un treno di passaggio mentre si trovava sdraiato sui binari. L’ipotesi del suicidio è la più accreditata, anche se alcuni studiosi non escludono l’incidente. A Balatonszárszó, presso il luogo della sua morte è posto un cippo memoriale che ricorda Attila József , uno dei più grandi e più importanti poeti ungheresi del XX secolo .

 

Bibliografia

Beatrix Töttössy , “Attila József. La coscienza del poeta “ , Ed. Lucarini, Roma, 1988
Attila József, “ Da centomila anni “, estratta da “ Presso il Danubio “, in : István Mészáros , “Attila József e la poesia moderna “, Ed. Lerici, Milano, 1964
Amedeo Di Francesco e Marta Kosezgi, “ Poeti ungheresi del Novecento” , Ed. Lucarini, Roma, 1990

 

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Photo : József Attila, Budapest, 1935

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